Meno lupo tra i lupi

Gabriella

FARE SPAZIO ALLA MITEZZA 

All’inizio dell'ultimo incontro fr. Enrico ha posto a tutti una domanda: “Perché chiudersi in un convento la domenica pomeriggio? Quale significato dare a questo momento? Cosa avremmo detto a qualcuno che ce lo avesse domandato? Senza nemmeno pensarci troppo la mia risposta immedita è stata questa: “Per non essere raggiungibile da nessuno, se non da Dio”. Una frase un po’ “rapida”, che usa il linguaggio della vita (mala-vita) di oggi, una esistenza sempre “online” che ti vuole sempre raggiungibile da tutti, in ogni luogo e in ogni momento.


Ora che posso scrivere, spiego che cosa intendo. Partecipare agli incontri in convento, oltre che un’ occasione certamente piacevole, è un momento per mettere tutto e tutti “al di fuori”. Passando il pomeriggio in convento la dimensione fisica e quella spirituale si uniscono. Questo non significa il distacco dalle persone care o dalla propria vita, ma certamente il restare finalmente da soli, liberi nella dimensione dell’ ascolto e nel dono della Pace, che da esso nasce. Tutto si placa, tutto si calma, il tempo scorre sì, ma scorre bene. L’ ascolto non è solo di parole, ma avviene anche nel silenzio: è veramente il tempo dell'anima. L’incontro con la Parola è ciò che scandisce questo tempo, la vostra guida è ciò che muove questo momento e apre al significato di ciò che si ascolta.
Durante l’ultimo incontro si è parlato di Mitezza, una delle beatitudini, quella da un milione di dollari, mi verrebbe da dire. Chi non ne vorrebbe di più nella propria vita? Chi non vorrebbe sentirsi meno lupo tra i lupi e più agnello tra gli agnelli, o almeno “lupo buono”? Nella nostra vita dove ha spazio la Mitezza? Credo sia assai difficile trovarla nelle nostre giornate, dove sembra impossibile non mettersi in competizione gli uni con gli altri, in qualsiasi ambito: nel lavoro, in famiglia, nella vita sociale, a volte persino nel proprio cammino spirituale. Sinceramente non riesco a sopportare questa logica, eppure anche io ne sono parte. Personalmente non sopporto come un certo mondo (nella speranza sempre che ce ne sia un altro diverso) ponga tutto in competizione, una competizione cattiva, prepotente, che non serve a far dare a ciascuno di noi il proprio meglio, ma a porlo, affinché sia tale, sempre in relazione di primato con gli altri. Non importa che cosa si sappia fare di buono, importa arrivare per primi, prendere il premio, stare al gioco di chi ti mette in competizione.

Basta guardare nell’ambito del lavoro quando il disegno è di preferire il primato al buon rendimento, l’accondiscendenza alla correttezza delle capacità e all’onestà dell'impegno. Siamo messi gli uni accanto agli altri, come a blocchi di partenza, per vedere chi arriva primo, chi risponde alla logica del primo e unico premio. Così è l’aggressività a vincere, la forza usata per arrivare primi al traguardo, sempre davanti a qualcuno e non per far bene. Magari avessimo la Mitezza come guida! Io mi rendo conto sempre più spesso che se non cedo alla frenesia della competizione, se mi tolgo da questa logica, se tolgo il piede dall’acceleratore (per usare una metafora che funziona anche nella realtà) e pongo l’attenzione su quello che faccio, sulle persone che mi stanno intorno, specialmente le più care, e su Dio, io vivo meglio. Non cambia nulla. Non si è più bravi, più simpatici, più al centro dell’attenzione se si colpisce, se ci si fa trascinare da un sistema che ci chiede di sgomitare, di prevalere, e spesso di prevaricare. È un mondo che usa il linguaggio del “più di” anziché “dell'uguale con”. La Mitezza porta con sé la Pace. E la Pace, innegabilmente, porta con sé la Gioia, la Felicità di sentirsi bene con ciò che si è, con le proprie capacità, il proprio talento. E grazie a questi vivere bene con noi stessi e con gli altri. Poi c’è la famiglia dove veramente spesso ci si pone come lupi, facendosi il male più grande: qui ci vorrebbero davvero mitezza, pazienza, ascolto, da donarsi reciprocamente. Certo, i litigi e le incomprensioni ci saranno sempre, ma mai con l’animo che non sa dire scusa o riconoscere di aver sbagliato. A volte basta fare un passo indietro e guardare chi si ha di fronte, ricordarsi di quell’ “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi!”, per scoprire che non è poi così difficile volersi bene e vivere insieme. Dunque Mitezza sì e, se possibile, per tutta la vita.