La vocazione? Nasce dall'esperienza

fr. Camillo

Alla mia età - 87 - anni, i ricordi si affastellano nella mia memoria come, d'autunno, le foglie degli alberi. Memorie sfocate; memorie ben chiare; memoria cui non sono la mente ma anche il cuore ritorna sovente e con piacere. Fra queste ultime tiene un posto notevole quella della mia esperienza di Cappellano tra i malati dell'Ospedale Civile di Brescia che ha abbracciato - anche se non di continuo - un buon trentennio. Questa esperienza ha inciso molto positivamente nella mia vita di uomo e di Francescano. Mi potreste chiedere: “Come è nata in te tale vocazione?”. A dire il vero devo affermare che è nata dall'esperienza. Negli anni ’70 ero superiore del nostro convento di Brescia e uno dei confratelli anziani era un malato cronico. Curandolo con amore, come prescrive la nostra regola francescana, ho preso visione e ho fatto esperienza del mondo del sofferente e delle sue attese nei confronti delle persone che lo circondano. E dentro di me è nata una decisione: aiutare i padri Cappellani o quando fosse stato possibile assistere come Cappellano gli ammalati. E questo, tramite i miei superiori, si è avverato. Il ricordo di  questa mia esperienza mi ha offerto anzitutto una vasta occasione di incontri, che hanno arricchito il mio bagaglio umano e spirituale. Dal malato ho imparato ad ascoltare, ad accogliere - nella vasta gamma del loro vissuto - i grandi esempi della loro forte speranza, del loro coraggio e del loro grido implorante. Posso dire di aver imparato a leggere nelle più disparate manifestazioni della malattia una certa sacralità della persona sofferente, anche quando sembra il contrario. È quindi vero per me che dal malato e più quanto da lui si impara e riceve che quanto gli si dà. Come sacerdote Francescano mi sono proposto di arrivare a tutti - al malato e personale assistente  - con grande discrezione, col sorriso e con serenità, per leggere il momento è il modo più opportuno per iniziare continuare con chi era disposto il discorso religioso che in non pochi culminava con l’amministrazione dei sacramenti: Riconciliazione, Eucaristia, Unzione degli infermi. Ad assumere questo stile nell’accostare il malato, come sacerdote francescano, mi ha facilitato la condivisione fraterna di vita con altri confratelli cappellani coi quali si sono vissute fatiche e gioie pur di portare sempre al sofferente l'annuncio di speranza e di salvezza apprese dall’esempio di Cristo in San francesco. Per questo, ritorno con tanta riconoscenza al Signore, ai ricordi del mio vissuto all’ospedale, e sento il dovere di concretare il mio Grazie al Signore con la preghiera. Nella memoria, poi, questo ricordo mi riporta una sequenza di volti, incontri e situazioni che il tempo non riuscirà mai più a cancellare.

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