Margherita, la nuova Maddalena

Gabriella

Oggi 22 febbraio cade la ricorrenza di Margherita da Cortona, terziaria francescana canonizzata il 16 maggio del 1728

Si può amare Dio quasi alla follia. Per alcune devote del XIII secolo tra cui Angela da Foligno (1248-1309) di cui abbiamo ricordato la memoria lo scorso 4 gennaio e Margherita da Cortona (1247-1297) l’esperienza mistica può significare amare il proprio Sposo celeste oltre ogni limite. Le vite di queste due terziarie francescane, contemporanee, Angela moglie e madre di più figli, Margherita giovane amante di un nobile di Montepulciano, sola con un figlio illegittimo, dimostrano come la nuova religiosità, basata sulla penitenza, sulla carità e sulla preghiera, offra a tutte una via per unirsi a Dio e aspirare a una possibile santità. Non sono solo fanciulle e vergini, fin da bambine avviate sul cammino della devozione, a votarsi completamente a Cristo, ma anche donne mondane, che hanno vissuto l’esperienza del peccato e si sono liberate degli affetti terreni per donarsi completamente a Dio.

Nella seconda meta del 1200 vive a Cortona un’altra donna destinata alla santità che nell’unione mistica vive tormenti e gioie paragonabili, per intensità, a quelli di Angela. Bellissima, come gli stessi Francescani ricordano, riferendosi alla loro terziaria, Margherita ha una infanzia infelice. La madre muore quando lei ha solo otto anni e il padre, che non intende vivere da solo, presto si risposa. La nuova moglie però non accetta la presenza di Margherita e la osteggia al punto da spingerla a scappare di casa. La fanciulla abbandona così la famiglia e fugge con un giovane nobile di Montepulciano, Arsenio, da cui ha un figlio. I due non si sposeranno mai. Margherita, nonostante la sua unione non consacrata, partecipa con piacere alla vita mondana. Nove anni dopo però il suo amante viene ucciso, si dice forse in una battuta di caccia, e la sua vita compie una svolta. Sola, povera e con un bambino da sfamare torna alla casa paterna a Laviano sul lago Trasimeno, ma viene respinta. Disperata e in totale miseria raggiunge infine Cortona dove è accolta nella casa di due nobildonne della famiglia Moscari. Sono loro a salvarla dalla strada e a convincere i Frati Minori ad accettarla come terziaria. Anche il figlio di Margherita viene affidato a dei religiosi. L’esperienza mistica di questa fanciulla, identificata per la sua storia di peccatrice come una nuova Maddalena, si accompagna a una sua forte presenza nella vita della comunità di Cortona nonostante viva per venti anni dentro a una cella, prima nella casa delle nobildonne, poi nei pressi della chiesa di San Basilio. (Oggi san Basilio è chiamata chiesa della Rocca). Margherita vi si ritira nel 1288 contro la volontà dei Frati Minori che pensano già ad una sua possibile canonizzazione dopo la morte e non vogliono perdere la possibilità di custodirne il corpo nella loro chiesa. (vedi K. Ruh, Storia della mistica occidentale, p. 518).

Margherita non si isola fisicamente dal mondo e inizia a raccogliere intorno a sé un gran numero di devoti. Mortifica il suo corpo che ha conosciuto il peccato, ma vive nella città aiutando i poveri e alleviando le sofferenze degli ammalati. Margherita contribuisce alla istituzione dell’ospedale di Santa Maria della Misericordia a Cortona per assistere in particolare le donne povere con figli. La realizzazione dell’ospedale, tuttora esistente, avviene grazie all’appoggio finanziario di Uguccione da Casali detto ‘il Grande’ e dalla nobildonna Diabella che mette a disposizione di Margherita la propria casa.

Ogni giorno esce dal suo ritiro per compiere opere di carità, risollevando diseredati e offrendo dimostrazioni di umiltà e generosità a chi mormora contro di lei. Così facendo Margherita diventa famosa tra la gente che accorre nelle chiese e per le strade per ascoltare le sue professioni di penitenza. A queste esternazioni, forti al punto da farle guadagnare l’appellativo popolare di «santa pazza», Margherita unisce una vita spirituale fatta di dialoghi quotidiani con Dio. È la doppia dimensione che compone la sua vita, divisa tra lo spirito e la carne, la preghiera e le opere di carità, l’unione con Dio e la confessione dei peccati commessi. Fino all’intenzione di compiere gesti estremi di mortificazione verso se stessa. Tocca al suo confessore e biografo, frate Giunta Bevegnati, dissuaderla dallo sfregiarsi il viso con un coltello per punire la bellezza «che un tempo aveva fatto male a molte anime» se avesse compiuto un simile atto, nessuno dei Francescani l’avrebbe più ascoltata o guidata.

Margherita vive la sua unione mistica con Dio come una conquista, risultato della continua lotta tra la punizione della carne e la liberazione dello spirito. I suoi colloqui con Dio sono intimi e familiari e possono accadere in qualsiasi momento, per sua invocazione o per volere del Signore. Nelle sue parole di pentimento e nella sofferenza che infligge senza limite al suo corpo esprime la strenua ricerca del perdono e della misericordia divini: Margherita, da Dio, vuole essere chiamata figlia, ma sa che per ottenerlo deve lavarsi di tutte le sue colpe. È nell’ammissione di tutti i suoi peccati, fino all’ultimo pensiero, che raggiunge il suo fine: «Fece dunque nelle mie mani la confessione generale, scrive frate Giunta nella sua legenda, dichiarando tra le lacrime tutti i suoi difetti per otto giorni e seguendo con ordine tutta la sua vita: così sarebbe diventata un vaso purissimo, santo e onorabile. Poi si accostò con devozione, senza velo, con la corda al collo, al sacramento del corpo del Signore e dopo aver mangiato il pane vivo che dà la vita al mondo, udì il Signore chiamarla dolcemente “Figlia mia!”. Quella voce fu così dolce che Margherita si sentì quasi venir meno e morire per la grande gioia».

La determinazione della terziaria di Cortona nel distruggere il proprio corpo, testimoniata dalle severe mortificazioni fisiche e dalle ripetute e prolungate privazioni di cibo, nonostante abbia conosciuto la grazia e la misericordia di Dio, la portano alla morte e alla massima devozione della gente, preludio della santità. Margherita è convinta che le sue sofferenze siano l’unico vero dono per l’amato. Stavolta nemmeno i moniti del suo confessore servono a farle cambiare idea: vuole morire di fame per saziare i poveri ed espiare le sue pene. «Padre mio ‒ dice a frate Giunta ‒ non ho intenzione di stabilire un patto di pace tra il mio corpo e la mia anima, e neppure intendo risparmiarlo. Perciò permettetemi che io lo domi col non cambiare cibo: io non smetterò per tutto il tempo della mia vita finché esso non venga meno. Non dovete credere che sia così mortificato come sembra. Fa così perché io non esiga il debito contratto nel mondo quando gli piaceva divertirsi».

Il suo desiderio alla fine è esaudito. Parlando a se stessa Margherita esclama: «Oh corpo mio perché non mi aiuti a servire il mio creatore e redentore? Perché non sei sollecito ad obbedirlo dopo esserlo stato nel trasgredirne i comandi? Non ti lamentare, non piagnucolare, non fingerti mezzo morto. Porterai il peso che ti ho posto sulla groppa e per intero, proprio come un tempo ne hai portato per fare dispiacere al nostro Creatore […]. Io non solo desidero astenermi dai cibi corporali, ma vorrei morire mille volte al giorno, se fosse possibile, in questa mia vita mortale, per Amore tuo». Margherita muore così a cinquanta anni, con il corpo consumato dalle punizioni e dai digiuni ma il viso, ancora bellissimo, risplendente di gioia. Alla notizia della morte tutta la comunità di Cortona accorre presso la sua cella sulla rocca per raccogliersi in preghiera e venerare la nuova santa. (Margherita da Cortona, è canonizzata il 16 maggio del 1728 da Benedetto XIII, la sua ricorrenza nel calendario liturgico cade il 22 febbraio, giorno della sua morte).

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