Lectio Domenica di Pentecoste (Anno B)

E tutti furono ripieni di Spirito Santo

Domenica di Pentecoste (anno B)

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.

L’inizio della prima lettura tratta dagli Atti degli Apostoli ci fornisce il contesto temporale, spaziale e relazionale. Siamo a Pentecoste, ovvero cinquanta giorni dopo la Pasqua, e i discepoli si trovavano in uno stesso luogo, tutti insieme. La solennità di Pentecoste è, assieme alla Pasqua, l’unica festa che continuiamo a condividere con i nostri fratelli maggiori, gli ebrei.

Pentecoste, chiamata “festa delle settimane” o “festa delle primizie”, è una delle tre maggiori feste celebrate in Israele, di carattere agricolo senza nessuna motivazione storica. È probabile che sia di origine più tarda della Pasqua, e che non abbia preso forma finché gli israeliti non divennero in Canaan una comunità soprattutto agricola. Nel giudaismo la festa ricevette una motivazione storica, divenendo l’anniversario della consegna della Legge a Mosè sul Sinai. Con le “Dieci Parole” ogni Israelita venne reso capace di vivere in libertà la relazione con il suo Signore e con i propri simili.

Per il popolo cristiano, Pentecoste diventa memoria di sempre nuovi raccolti per il dono dello “Spirito di verità” promesso dal Signore durante la cena pasquale, effuso sul mondo dall’alto della croce e alitato sui discepoli la sera di Pasqua. Nella fede e nella liturgia cristiana la Pentecoste assume la sua importanza per l’avvenimento della discesa dello Spirito Santo sui discepoli, il dono delle lingue, il discorso di Pietro e la formazione della Chiesa:

Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.

 Tutti i segni descritti vogliono esprimere il verificarsi di uno straordinario intervento divino, sulla linea dei grandi interventi descritti nell’Antico Testamento, destinato a segnare una tappa importante nella storia della salvezza. La Chiesa si sente autorizzata dallo Spirito a compiere la missione che le era stata affidata da Gesù di annunciare il vangelo ad ogni creatura.

L’espressione “altre lingue” può significare le “varie lingue straniere” di coloro che erano presenti in quel momento a questo evento prodigioso, oppure fa riferimento a quel fenomeno tipico del cristianesimo primitivo che è il “parlare in lingue”, la glossolalia. Nella comunità di Gerusalemme il parlare in altre lingue è stato percepito dagli ascoltatori come il miracolo di lingue senza precedenti. Malgrado ciò, Luca di proposito non ha impedito che la sua narrazione lasciasse ancora intravedere l’antico racconto del fenomeno di glossolalia.

Il racconto del miracolo delle lingue è stato messo in rapporto con un altro episodio dell’Antico Testamento, Genesi 11: alla divisione del linguaggio umano in una molteplicità di lingue e, quindi, dell’unica umanità in una molteplicità di popoli, verrebbe contrapposta la riconciliazione dei popoli mediante la lingua comune dello Spirito Santo; cioè la Pentecoste ristabilirebbe nei tempi ultimi la condizione delle origini su di un piano elevato. Ciò risponderebbe alla concezione giudaica secondo cui alle origini ci sarebbe stata una lingua comune in tutto il cosmo e si attendeva, di conseguenza, una lingua comune anche per i tempi ultimi. Queste considerazioni, però, non conducono affatto all’idea del miracolo delle lingue, ma ad una corrispondente interpretazione della glossolalia. Probabilmente ci dobbiamo accontentare, come dell’unico dato definitivo storicamente riconoscibile, di individuare due racconti diversi dell’evento di Pentecoste in Gerusalemme, che poi Luca ha fuso in uno solo.

Passando al Salmo vediamo come l’orante attraverso tutte le creature eleva a Dio la propria voce. L’uomo, che vive del soffio vitale di Dio, ritorna alla terra quando il Creatore gli toglie il respiro. Ma quando il soffio di Dio è nuovamente inviato, ecco che egli rinnova il volto della terra, dando vita ad altre creature. Da questo ne segue l’interpretazione cristiana che vede nello Spirito Santo la forza capace di risuscitare i morti. Inoltre possiamo vedere ed interpretare la Pentecoste come una nuova creazione: come nell’in-principio “lo Spirito aleggiava sulla faccia delle acque” (Gen 1,2), così trasfigura la Chiesa e l’intera umanità, rinnovandole con le sue energie di vita.

Comprendiamo come lo Spirito sia il protagonista indiscusso, non tanto e solo di questa solennità di Pentecoste, ma di tutta la vita del cristiano, perché come ci ricorda S. Paolo ai Galati:

Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.

Di fronte ad ognuno di noi si presentano due strade, ogni giorno siamo chiamati a fare una scelta di campo, continuamente dobbiamo decidere da che parte stare, quale mozione interiore assecondare. Tutto questo si traduce in opere concrete che inevitabilmente mettiamo in pratica, determinando la qualità della nostra vita cristiana e della sequela di Gesù Cristo. Il nostro desiderio vero e profondo è quello di fare sempre più spazio allo Spirito Santo, che dentro di noi grida continuamente: “Abbà, Padre”, per poter vivere una vita da figli.

S. Paolo poi ci aiuta a distinguere “le opere della carne” e “il frutto dello Spirito”, perché passando in rassegna le nostre giornate, attraverso l’antica pratica dell’esame di coscienza, possiamo discernere se stiamo camminando secondo lo Spirito o secondo la carne. Inoltre ci viene ricordato come coloro che si lasciano guidare dallo Spirito non sono più sotto il dominio della Legge, perché l’appartenenza al Signore Gesù li ha affrancati, ovvero non sono più soggetti alla carne con le sue passioni e desideri.

L’esortazione conclusiva è un forte e pressante invito a camminare secondo lo Spirito, condizione indispensabile per dare corpo al desiderio di vivere secondo lo Spirito. Ci risulta chiaro come gli effetti dell’effusione dello Spirito Santo sono concreti, visibili e palpabili, perché oltre a determinare un cambiamento interiore in coloro che lo accolgono, produce delle azioni esterne che diventano un segno per gli altri.

Il Vangelo ci presenta lo Spirito e la sua missione nel mondo:

Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

Gesù promette che manderà ai discepoli il Consolatore, il quale gli renderà testimonianza per bocca dei discepoli, allo stesso modo che Dio parlò al Faraone per bocca di Mosè (cfr. Es 4,12). Lo Spirito Santo si serve di uomini, attraverso i quali egli parla, ma senza annullarne la personalità. I discepoli dovranno riferire i fatti della vita di Gesù; a loro si unisce il Consolatore, che come Spirito di verità proclama in modo convincente la verità della manifestazione di Dio, avvenuto in Gesù.

Dal testo si deduce chiaramente che è Gesù a mandare lo Spirito, procedente dal Padre, mentre in 14,26 è il Padre che manda lo Spirito nel nome di Gesù. Questa apparente contraddizione hanno portato alla famosa questione del filioque, una contrapposizione fra l’ortodossia orientale e quella occidentale, che consiste nel chiarire se lo Spirito procede anche dal Figlio oltre che dal Padre. In realtà a Giovanni non interessa questa questione ma piuttosto, da una parte motivare l’autorità dello Spirito e dall’altra parte garantire l’identità della relazione. La testimonianza postpasquale resa a Gesù dallo Spirito, è soltanto la continuazione della sua testimonianza, perché è egli stesso che manda lo Spirito o chiede al Padre di mandarlo; e la rivelazione postpasquale è rivelazione di Dio, esattamente come quella avvenuta attraverso il Gesù storico. Poiché Gesù e il Padre sono una cosa sola (cfr. Gv 10,30; 14,10), tutte queste variazioni lessicali oggettivamente sono assolutamente insignificanti e non si deve cercare di vedervi alcun mistero.

Gesù ci invita ad ascoltare quanto il Paraclito ha da dirci sulla verità di Dio, di noi stessi e degli altri. Lo Spirito verrà perché è il Signore Gesù a farci questa promessa. Il Paraclito è l’Inviato del Figlio da parte del Padre. Il fondamento della testimonianza da parte dei discepoli non è una conoscenza mistica, basata su una conoscenza intellettuale, ma l’esperienza storica di Gesù, fin dall’inizio del suo ministero.

Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.

Per quanto ampio e profondo sia stato l’insegnamento di Gesù ai discepoli, restano ancora molte cose che lui non ha potuto dire per la loro insufficiente capacità di comprenderle. Infatti i discepoli possono comprendere in profondità l’essenza e il significato della persona e dell’opera di Gesù e del fine salvifico universale della sua missione, soltanto dopo la risurrezione e la venuta del Paraclito. Occorre precisare che non viene promessa la comunicazione di nuove verità, ma l’essere introdotti in tutta la verità, cioè la sua crescente comprensione.

In realtà, Gesù, con la sua vita e la sua morte, ci ha detto tutto quanto doveva dirci e ci ha dato tutto. Nell’amore c’è sempre un di più che non è mai dicibile e che lo capisce solo chi ama. E lo Spirito Santo, essendo l’amore che i discepoli ricevono, fa capire questo non detto, introduce nell’indicibile.

Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.

La missione dello Spirito presso i discepoli è parallela a quella di Gesù. Anche lui è maestro e guida. Lo Spirito non si presenta come una nuova fonte di rivelazione, indipendente da Gesù, ma tutto ciò che dà, lo trae da Gesù, così come questi riceve dal Padre le sue parole e le sue opere; per questo fatto le sue parole sono parole di Dio, le sue opere, opere di Dio, perché tutto ciò che è del Padre appartiene al Figlio. Lo Spirito, pertanto, non fa che continuare l’attività di rivelazione di Gesù, cooperando così alla sua glorificazione. L’intima unità della rivelazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo è interamente assicurata; proprio in essa si fonda la testimonianza degli apostoli, che avranno una missione particolare nei riguardi della rivelazione storica di Gesù in quanto furono testimoni fin dall’inizio.

Quindi il potere dello Spirito è farci entrare nella verità che Gesù ha detto; ce la ricorda, ce la mette nel cuore, fino a quando diventiamo noi ricordo vivente di Cristo, diventiamo figli. Ed è lo Spirito che attualizza in noi ora le parole di Gesù, è il Maestro interiore. E noi siamo tempio dello Spirito.

Il fatto che lo Spirito ci preannuncerà le cose future non significa che noi sapremo in anticipo quello che avverrà, ma che ci farà capire il regno di Dio, che Dio è Padre e noi siamo tutti fratelli. E lo Spirito Santo ci fa capire l’essenziale della realtà, ci dà gli occhi del Figlio per vedere la realtà, sono gli stessi del Padre, e ci dà lo stesso cuore del Figlio e del Padre. E allora vediamo il regno che viene, ovvero il Messia che sempre viene incontro a noi perché egli è il veniente.

Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

Come Gesù glorifica il Padre perché rivela il suo amore e la sua potenza salvifica, così lo Spirito glorifica Gesù, in quanto continua la stessa rivelazione di Gesù, il quale a sua volta ha ricevuto tutto dal Padre. Si sottolinea l’unità fra il Padre e il Figlio. L’ultima fonte della rivelazione è il Padre, nella sua essenziale unità con il Figlio.

Lo Spirito Santo ci fa entrare nella Trinità come figli. Questo è il grande dono dello Spirito Santo, il quale attualizzerà in noi tutto ciò che Gesù ha detto e ha fatto; attualizza in noi la vita del Figlio.

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