Eucarestia come centro

Marco S.

Ciao care sorelline e cari fratellini, oggi il nostro Presidente mi ha chiesto, in vista dell’importante promessa che tra un po' ci appresteremo a compiere, di parlarvi del mio personale rapporto con “l’Eucarestia come centro”.
La richiesta di Tommy mi ha portato, per un breve attimo, ad una domanda postami da Andrea Baretta durante una domenicale celebrazione Eucaristica: “Ma tu credi davvero che Gesù Cristo sia incarnato in quel semplice ed umile pezzetto di pane?”
Quella domanda fu per me la vera apertura al mio rapporto con Gesù Eucarestia poiché, fino ad allora, Egli rappresentava più un rituale cui adempiere per “completare” la messa, che un incontro intimo e personale col Signore che mi si faceva incontro. È per questo che la richiesta di Tommaso mi ha anche dato modo di rivivere quella domanda e così anche quelle riflessioni a seguito insorte.
Ma prima di cominciare con le mie personali considerazioni, vorrei fare un passo indietro lungo 2.000 anni, e rivivere quel momento che oggi ripetiamo in modo quasi inconsapevole.
Nella celebre “ultima cena” il Signore Gesù spezzò il pane e, dopo averlo definito il suo corpo, lo distribuì in dono a tutti gli astanti. Ma da chi era composta quella cerchia di pochi eletti?
Tra gli eletti vi era Giuda, unico, secondo il Vangelo di Matteo, ad aver “intinto il boccone nel piatto di Cristo”. Forse in pochi sanno che, a quei tempi, l’unico a cui veniva permesso di intingere il boccone nel piatto di un commensale era il migliore amico della persona che permetteva tale gesto. Gesù dona il suo corpo a colui che reputa il suo migliore amico, nonché colui il quale lo venderà per pochi spiccioli al nemico.
Tra gli eletti vi era Pietro, ovvero uno dei discepoli più amati da Gesù. Pietro, al termine della cena, oltre a palesare una pettegola curiosità su chi fosse il traditore citato da Gesù, promette a Cristo che lui “non lo tradirà ed abbandonerà mai”. Pietro sarà colui il quale fuggirà al primo sentore di pericolo, rinnegando non una, bensì tre volte di aver mai conosciuto Cristo.
Tra gli eletti vi erano quei discepoli che, nel momento più difficile della vita umana trascorsa da Gesù, lo lasciarono solo al proprio dolore ed alla propria paura, abbandonandosi ad un egoistico riposo.
Ecco chi erano i discepoli eletti da Cristo: tutti noi, persone immensamente fragili ed umane, che gremiamo le chiese di oggi. Noi traditori, noi rinnegatori, noi tiepidi cristiani.
Eppure, nonostante ciò, Dio è sempre lì con noi e lì per noi.
Così, un giorno domenicale, decisi appositamente di non ricevere l’Eucarestia per poter assistere quale spettatore esterno al mistero che si stava svolgendo.
In quell’occasione di attento osservatore ho fatto esperienza di un Dio che viene a noi, con amore di Padre, per poter dare valore alla nostra fragile esistenza. Ho fatto esperienza di un Dio che si fa elemento semplice e primario per poterci insegnare che la vita è veramente ricca e piena quando si riduce alla sua essenzialità e basilarità. Ho fatto esperienza di un Dio che si fa immensamente piccolo con lo scopo di poter entrare nelle fessure di quelle ferite che da sempre ci portiamo dentro, al fine di poterne diventare un balsamo cicatrizzante e risanante.
Ho fatto, in ultimo, esperienza di un Dio che ci ama, e che proprio per tale motivo, come ugualmente fece con i propri discepoli, si abbassa alla nostra umanità per ergerci alla sua divinità.

Vorrei lasciarvi con la domanda che mi ha aperto a tutte le riflessioni di cui vi ho fatti partecipi:
Tu credi davvero che Dio sia presente in quel pezzo di pane?
Desidererei che ti rispondessi in tutta sincerità poiché, anche se la risposta fosse no, ciò non cambia l’amore che Dio prova per te, e con ciò nemmeno il fatto che ugualmente il Signore si trova in quel pezzo di pane per poterti salvare la vita.

Che possa essere per tutti una promessa ricca dell’amore e della presenza di Dio, e che San Francesco possa infondere in noi la sua infinita conoscenza di Gesù Eucarestia di cui fece esperienza diretta.

Un abbraccio, Marco.


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