San Bonaventura Dottor Serafico

Gabriella

"Tu solo sii sempre la mia speranza, mia unica gioia e mia pace, tu mio riposo e mia serenità, tu mio rifugio e aiuto, tu mia eredità, mio bene e mio tesoro". 

Il calendario liturgico serafico ci invita oggi, 15 luglio, a festeggiare San Bonaventura, frate minore, vescovo, settimo Ministro alla guida dell’Ordine dei Frati Minori, dopo la morte di San Francesco. Autore della Legenda Sancti Francisci (Major e Minor) e di numerosi altri scritti filosofici e teologici gli fu riconosciuto il titolo di Dottore della Chiesa (Dottor Serafico) e la fama di riformatore e di teologo dell’Ordine minoritico.

San Bonaventura mise al centro della sua meditazione la conoscenza di Dio, attraverso la figura di Cristo, sua essenza trinitaria, seguendo un percorso gnoseologico di ispirazione platonica. Come il celebre filosofo greco individuò diversi livelli di conoscenza, dal più basso al più alto (l'idea, la verità), a costituire le tappe del cammino dell’anima, fuori e dentro se stessa, verso Dio. A partire dalle realtà corporee l’anima è chiamata a considerare le cose fuori di sé con la propria sensibilità (o animalità), a considerare ciò che è dentro di sé per mezzo dello spirito e a considerare le realtà che le trascendono (uscendo da sé) con la mente. Dice San Bonaventura: «L’anima deve prepararsi ad ascendere a Dio perché egli sia amato “con tutta la mente, con tutto il cuore e con tutta l’anima”» (vd. Itineriarium Mentis in Deum e Mc 12,30)

Come ci ricorda il Messale Serafico Giovanni Fidanza era nato a Bagnoregio (Viterbo) nel 1218. Bambino fu guarito da san Francesco, che avrebbe esclamato: «Oh bona Ventura»: gli rimase per nome, ed egli fu davvero una «buona Ventura» per la Chiesa. Volle farsi francescano, studiò filosofia e teologia a Parigi e vi fu a lungo professore. Eletto superiore generale del suo ordine, l’organizzò e diresse saggiamente, tanto da esserne chiamato: «secondo fondatore e padre»; infatti, Francesco non aveva lasciato alcuna precisa costituzione. Per averlo vicino a Roma, il Papa lo nominò vescovo di Albano e cardinale, incaricandolo di preparare il Concilio Ecumenico di Lione II per l’unione dei cristiani Latini e Greci.
La sua teologia, agostiniana di mente e di spirito, e fortemente cristocentrica, lo rendeva capace di capire profondamente la teologia orientale. Aperto il Concilio il 7 maggio 1274, si giunse il 28 giugno a un accordo per l’unione (purtroppo rotto in seguito); ma il 15 luglio Bonaventura moriva, assistito dal papa Gregorio X. Pochi mesi prima era morto san Tommaso d’Aquino, di cui era amicissimo.
Bonaventura era uomo di azione e di governo, pratico e speculativo, ricco di equilibrato sentimento e simpaticamente «umano». Vedeva un fondamentale accordo fra le arti, le scienze, la filosofia, la teologia, la storia. Raramente scienza e fede s’erano viste tanto armonizzate in un uomo, e soprattutto così animate dall’amore; era un grande contemplativo, un mistico. Per questo è stato onorato dei titolo di «Dottore serafico».

La memoria di oggi è accompagnata da letture tratte dal libro della Sapienza (Sap 8, 2-7. 16-18, dal Salmo 1 e dal passo del Vangelo di Matteo (Mt 5,13-19).

 

 

 

 

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