Icona della Dormizione della Madre di Dio

Nella Sacra Bibbia non troviamo nessuna notizia che ci parli della fine terrena della Vergine Maria. Eppure la convinzione che il corpo di Maria, la Vergine Madre, non abbia subito la corruzione del sepolcro è sempre stata viva nella Chiesa fin dalle prime comunità giudeo-cristiane.

Il racconto degli ultimi momenti della vita terrena di Maria, come pure tutta la liturgia legata alla festa, ci viene narrato dai testi Apocrifi, ripresi, ampliati, commentati in numerose omelie dei Padri, dai testi e dagli inni liturgici.

La Chiesa orientale preferisce usare il termine Dormizione, quella latina Assunzione. Due espressioni per indicare l’unico mistero legato alla Vergine Maria.

In un testo liturgico composto da san Teodoro Studita leggiamo: “Ti sei addormentata, sì, ma non per morire; assunta, ma non lasci di proteggere il genere umano”. San Giovanni Damasceno in una sua omelia dice rivolgendosi direttamente alla Vergine: “Come chiameremo questo mistero che ti riguarda? La chiameremo morte? Sebbene la tua sacratissima e beata anima, secondo le leggi della natura, si stacchi dal perfetto e puro tuo corpo, e il corpo sia affidato secondo la legge comune alla tomba, ciononostante non soggiorna nella morte né è dissolto dalla corruzione. A Colei la cui verginità rimase illibata nel parto, fu custodito incorruttibile il corpo anche nel suo trapasso e fu trasferito in una dimora migliore e più divina non soggetta ai colpi della morte, ma che si perpetua per gli infiniti secoli dei secoli (…) Pertanto io non chiamerei morte la tua santa dipartita, ma dormizione o passaggio: meglio, un’entrata nella dimora di Dio”.

Il termine Dormizione è un’espressione che comprende sia la morte che l’Assunzione.

Nella Sacra Bibbia non troviamo nessuna notizia che ci parli della fine terrena della Vergine Maria. Eppure la convinzione che il corpo di Maria, la Vergine Madre, non abbia subito la corruzione del sepolcro è sempre stata viva nella Chiesa fin dalle prime comunità giudeo-cristiane.

Il racconto degli ultimi momenti della vita terrena di Maria, come pure tutta la liturgia legata alla festa, ci viene narrato dai testi Apocrifi, ripresi, ampliati, commentati in numerose omelie dei Padri, dai testi e dagli inni liturgici.

La Chiesa orientale preferisce usare il termine Dormizione, quella latina Assunzione. Due espressioni per indicare l’unico mistero legato alla Vergine Maria.

In un testo liturgico composto da san Teodoro Studita leggiamo: “Ti sei addormentata, sì, ma non per morire; assunta, ma non lasci di proteggere il genere umano”. San Giovanni Damasceno in una sua omelia dice rivolgendosi direttamente alla Vergine: “Come chiameremo questo mistero che ti riguarda? La chiameremo morte? Sebbene la tua sacratissima e beata anima, secondo le leggi della natura, si stacchi dal perfetto e puro tuo corpo, e il corpo sia affidato secondo la legge comune alla tomba, ciononostante non soggiorna nella morte né è dissolto dalla corruzione. A Colei la cui verginità rimase illibata nel parto, fu custodito incorruttibile il corpo anche nel suo trapasso e fu trasferito in una dimora migliore e più divina non soggetta ai colpi della morte, ma che si perpetua per gli infiniti secoli dei secoli (…) Pertanto io non chiamerei morte la tua santa dipartita, ma dormizione o passaggio: meglio, un’entrata nella dimora di Dio”.

Il termine Dormizione è un’espressione che comprende sia la morte che l’Assunzione.

Narrano gli Apocrifi che verso l’ora terza del giorno ci fu un gran tuono e un profumo soave ed intenso, ed ecco, all’improvviso apparve il Signore contornato da miriadi di angeli. Il Salvatore entrò nella casa insieme con Michele e Gabriele, trovò gli Apostoli intorno a Maria e li salutò (…). Egli prese l’anima di Maria e la pose tra le mani di Michele. Il Signore disse a Michele di portare l’anima di Maria in paradiso, poi dispose di portarvi anche il corpo e là, l’anima sarebbe stata ricongiunta al corpo glorioso.

Questo è quanto narrato dagli Apocrifi, ma passiamo ora alla rappresentazione.

              Al centro dell’icona, in una mandorla celeste che indica la gloria, quasi uno squarcio di cielo, abbiamo Cristo che tiene tra le braccia, come una neonata in fasce, l’anima della Vergine. L’anima della Vergine è rappresentata come una bambina avvolta in lini bianchi. Tutto intorno al Signore vi sono gli angeli e nella parte alta due Serafini. Nella metà superiore della rappresentazione, in alto, vediamo un clipeo, una mandorla di luce, sorretto dai due arcangeli che portano in cielo il corpo della Vergine.

Merita ancora attenzione il gruppo di figure formato dal corpo disteso sul letto di morte della Vergine Maria e dal Cristo che tiene tra le braccia l’anima di Lei.

I ruoli si invertono: non è più la Madre che tiene in braccio il Figlio, ma è il Figlio che tiene in braccio la madre.

Tornano alla mente i versi che Dante per bocca di Bernardo, indirizzò alla Madre di Dio: “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio…”.

In altre parole, troviamo espressa sinteticamente la relazione di amore che intercorre tra la Madre ed il Figlio, tra la creatura ed il suo Creatore. Non è più la creatura, che ripiena del mistero che cela nel suo cuore, stringe a sé il bambino, suo figlio e Dio, ma è il Creatore che tiene nelle sue braccia la creatura, sua immagine.


Per concludere riportiamo alcune espressioni dell’Esortazione Apostolica Munificentissimo Deus, del 1950, con la quale papa Pio XII proclamò il Dogma dell’Assunzione al cielo di Maria in anima e corpo. Il papa riconosce come dogma di fede quanto la chiesa fin dalle origini ha sempre ininterrottamente creduto circa la fine terrena di Maria Vergine e ne indica il significato profondo per ogni credente:

(…) Ma poiché la liturgia della chiesa non crea la fede cattolica, ma la suppone, e da questa derivano, come frutti dall'albero, le pratiche del culto, i santi padri e i grandi dottori nelle omelie e nei discorsi rivolti al popolo in occasione di questa festa non vi attinsero come da prima sorgente la dottrina; ma parlarono di questa come di cosa nota e ammessa dai fedeli; la chiarirono meglio; ne precisarono e approfondirono il senso e l'oggetto, dichiarando specialmente ciò che spesso i libri liturgici avevano soltanto fugacemente accennato: cioè che oggetto della festa non era soltanto l'incorruzione del corpo esanime della beata Vergine Maria, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste «glorificazione», a somiglianza del suo unigenito Gesù Cristo (...).

Vi è da sperare inoltre che tutti coloro che mediteranno i gloriosi esempi di Maria abbiano a persuadersi sempre meglio del valore della vita umana, se è dedita totalmente all'esercizio della volontà del Padre celeste e al bene degli altri; che, mentre il materialismo e la corruzione dei costumi da esso derivata minacciano di sommergere ogni virtù e di fare scempio di vite umane, suscitando guerre, sia posto dinanzi agli occhi di tutti in modo luminosissimo a quale eccelso fine le anime e i corpi siano destinati; che infine la fede nella corporea assunzione di Maria al cielo renda più ferma e più operosa la fede nella nostra risurrezione (...).

La solenne definizione: «Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, (…) pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'Immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo» (...).


“No, tu non sei soltanto come Elia “salita verso il cielo”, tu non sei stata come Paolo, trasportata fino al “terzo cielo”, ma sei giunta fino al trono regale di tuo Figlio, nella visione diretta, nella gioia, e stai accanto a lui con grande e indicibile sicurezza: per gli angeli e per tutte le Potenze che dominano il mondo, allegrezza ineffabile; per i patriarchi, diletto senza fine; per i giusti, gioia inesprimibile; per i profeti, esultazione perpetua.

Benedizione per il mondo, santificazione per tutto l’universo; sollievo nella pena, consolazione nel pianto, guarigione nella malattia, porto nella tempesta, per i peccatori perdono, per gli afflitti incoraggiamento benevolo, per tutti coloro che ti invocano soccorso sempre pronto”.

San Giovanni Damasceno

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