Gratuità delle relazioni

Vicino all’altro senza chiedere nulla in cambio

IN PRINCIPIO LA RELAZIONE

Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza.

E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò1.

L’uomo è immagine di Dio, che è comunione di persone e d’amore. L'immagine divina è presente in ogni uomo e risplende nella comunione delle persone, a somiglianza dell'unità delle persone divine tra loro. Dal momento che le tre Persone divine sono in perfetta relazione e comunione tra loro, anche l’uomo vive bene il suo essere ad immagine della Trinità quando vive in perfetta comunione con tutti. Insomma l’uomo è pienamente se stesso solo se è in relazione: con Dio, con se stesso, con gli altri e con tutto il creato.

L’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, è capace di conoscersi, di possedersi, di donarsi e di entrare in relazione con i suoi simili; inoltre è chiamato a dare al suo Creatore una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua sostituzione.

È in Cristo, immagine del Dio invisibile, che l'uomo è stato creato ad immagine e somiglianza del Creatore. Cristo rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione: vivere l’essere figlio nel Figlio Gesù e riconoscere gli altri come fratelli e sorelle in cammino: rimane la nostra personale libertà di scegliere se vivere tale relazione di figliolanza e fratellanza.

Il fratello che incontriamo sul nostro cammino ci ricorda la paternità di Dio e ci invita a vivere relazioni fraterne. Il fratello non sempre tende a soddisfare le nostre attese, anzi mette alla prova la gratuità del nostro amore e ci spinge ad andare sempre oltre noi stessi.

Rimanere in stretta relazione con Gesù rimane l’unica possibilità per umanizzare la nostra vita e vivere relazioni gratuite, contrassegnate dal sincero dono di se stessi. Non ci salviamo da soli perché navighiamo tutti insieme dentro la stessa barca, chiamati a riconoscere la comune dignità di figli che ci accomuna e il medesimo diritto di abitare la casa comune.

ALLA RADICE DELLA GRATUITÀ

Etimologicamente il termine gratuità deriva dal latino gratia: grazia, grazie. La gratuità è ciò che si fa o si riceve senza pagamento e senza compenso, concessi a qualcuno, in assenza pure di un suo merito o di un suo diritto particolari. La gratuità risponde al grido totale dell'animo: «io per te!» e non già «tu per me!», che, in questa seconda prospettiva, è, quasi sempre, presagio di ricatti e manipolazioni a venire. È il dare spontaneo, che non richiede alcunché in cambio.

Spesso diciamo o sentiamo dire che “non si ringrazia mai abbastanza”, per sottolineare le mancate occasioni in cui non viviamo in una logica di gratuità ma di pretesa, dove tutto sembra dovuto, logico e scontato, non ci meraviglia nulla, rischiamo di vivere i nostri giorni fuori da un contesto di stupore e gratitudine.

La grazia è il dono di Dio che contiene tutti gli altri, è il dono per eccellenza, quello che riassume tutta l'azione di Dio e tutto ciò che noi possiamo augurare ai nostri fratelli. Nella persona di Cristo «ci sono venute la grazia e la verità» (Gv 1,17). Il regime della grazia è quello dello Spirito; l'uomo liberato dal peccato porta frutti di santificazione, riuscendo ad essere se stesso e vivendo relazioni libere e gratuite. La grazia lo costituisce nella sua parte più intima e opera tutto quello che egli opera. Poiché la grazia è principio di trasformazione e di azione, esige una costante collaborazione da parte dell’uomo.

L’Angelo Gabriele rivolse a Maria questo saluto: Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te2: tutto è dono gratuito di Dio, tutto è grazia, tutto è dono del suo amore per noi. Di fronte all’amore, di fronte alla misericordia, alla grazia divina riversata nei nostri cuori, la conseguenza che s’impone è una sola: la gratuità. Nessuno di noi può comperare la salvezza! La salvezza è un dono gratuito di Dio che viene in noi e abita in noi. Dio ci ha salvato, ci salva gratuitamente. La vita cristiana è una vita di gratuità!

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date3.

La logica di Gesù e del Vangelo è sempre ricevere per condividere, mai accumulare per se stessi. La gratuità è una dimensione che può accompagnare qualsiasi azione. Per questo essa non è il «gratis», anzi è proprio il suo opposto, poiché la gratuità non è un prezzo pari a zero, ma un prezzo infinito, a cui si può rispondere solo con un altro atto di gratuità.

IN ATTESA DELL’ALTRO

Desideriamo imparare a stare con noi stessi, ad accoglierci per quello che siamo, ad amarci così come siamo, a vivere in gratuità tutte le nostre relazioni e ad abitare le terre di confine, dove l’unica cosa che possiamo fare è aspettare con pazienza l’apertura del cuore dell’altro, in modo da riprendere una relazione. Ma si tratta anche di avere tanta pazienza con noi stessi, imparando ad aspettare i nostri tempi per maturare quei processi che ci permettono di gettare un ponte per andare incontro all’altro ed intessere una relazione caratterizzata dalla gratuità. Lo stare accanto all’altro senza chiedere nulla in cambio, ovvero senza pretendere che l’altro cambi, è ben espresso da S. Francesco nella Lettera a un ministro:

1A frate N... ministro. Il Signore ti benedica.
2Io ti dico, come posso, per quello che riguarda la tua anima, che quelle cose che ti impediscono di amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri, anche se ti percuotessero, tutto questo devi ritenere come una grazia. 3E così tu devi volere e non diversamente. 4E questo tieni per te in conto di vera obbedienza [da parte] del Signore Iddio e mia, perché io so con certezza che questa è vera obbedienza. 5E ama coloro che ti fanno queste cose. E non aspettarti da loro altro se non ciò che il Signore ti darà. E in questo amali, e non pretendere che siano cristiani migliori.
6E questo sia per te più che il romitorio3.

Il Destinatario della lettera è molto probabilmente un Ministro provinciale. L'espressione per quello che riguarda la tua anima introduce una vera e propria lettera di direzione spirituale, in quanto il problema che viene affrontato riguarda l'anima del Ministro, il quale si era rivolto a Francesco lamentando di non riuscire a conciliare la sua vita spirituale con i servizi richiesti e per la presenza di alcuni fratelli difficili: da qui la richiesta di essere trasferito in un eremo. Francesco in questa lettera di risposta ci mostra un esempio di discernimento in relazione ad una situazione molto concreta che gli viene presentata; e il principio di questo discernimento è che tutto questo devi ritenere come una grazia e rimani vicino all’altro senza chiedere nulla in cambio.

Già da qui si evince che le relazioni sono il luogo principale delle difficoltà, ma anche della formazione, perché lì è la grazia; e il ruolo di Francesco è quello di aiutare a guardare la vita con sguardo diverso e a cogliere le difficoltà relazionali come opportunità. E per Francesco questa è vera obbedienza: ovvero accogliere ogni difficoltà e ogni fratello, ispirati dall'obbedienza mite e sofferente di Cristo.

Francesco poi invita a chiedere l'amore per coloro che sono all'origine delle difficoltà, unitamente a non volere altro da loro se non quello che il Signore avrà dato a te. Si riscontra una richiesta di coerenza tra quanto chiediamo e quanto sappiamo fare, perché nella relazione con gli altri non si può pretendere se non quello che già noi siamo in grado di fare ovvero che è già passato in noi stessi e nella nostra esperienza; inoltre si può evincere che dall’accoglienza disarmata del fratello vengono a noi grandi doni del Signore, come egli aveva sperimentato nell'incontro con i lebbrosi: il Signore dette a me.

E seguendo questa scia possiamo comprendere l'espressione paradossale: non pretendere che siano cristiani migliori. Francesco condanna l'appropriazione che è possibile, anche nella relazione con il fratello, e che si esprime nella pretesa, perfino quella virtuosa che l'altro diventi cristiano migliore ovvero che ci contraccambi (il contrario del senza chiedere nulla in cambio).

Francesco afferma che il desiderio di vedere i fratelli diventare cristiani migliori non è evangelico, se nasce solo dall’aspirazione a vivere più in pace, perché chi accetta di mescolarsi con i peccatori assieme a Cristo, ha compiuto un esodo da se stesso ben più radicale di chi si isola in un romitorio. Quindi anche l'eremo sarebbe una tentazione, se significa sottrarsi alla esigente obbedienza che nasce dalla relazione con i fratelli.

7E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me servo suo e tuo, se farai questo, 8e cioè: che non ci sia mai alcun frate al mondo che abbia peccato quanto poteva peccare, il quale, dopo aver visto i tuoi occhi, se ne torni via senza il tuo perdono misericordioso, se egli lo chiede; 9e se non chiedesse misericordia, chiedi tu a lui se vuole misericordia. 10E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attirarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia di tali fratelli. 11E notifica ai guardiani, quando potrai, che da parte tua sei deciso a fare così4.

Qui Francesco sviluppa il tema dell'amore dandogli il nome di misericordia: da usare verso il fratello che ha peccato, senza limiti e misure; infatti la vera misericordia si manifesta nel perdono delle colpe. L'esperienza umana e spirituale di Francesco è segnata dalla misericordia. Il frate in questione di cui si lamentava il Ministro è uno che ha gravemente sbagliato. Facciamo notare che per ben 2 volte si insiste sugli occhi: in questo gioco di sguardi si può ritrovare un appello alla loro riconciliazione. Francesco invita il ministro a trasferire dentro i rapporti gerarchici il modello della misericordia senza misura che gli ha prima esposto: non era scontato neanche nella prima fraternità che ci si comportasse in tale modo.

DI COLORO CHE VOGLIONO INTRAPRENDERE QUESTA VITA E COME DEVONO ESSERE RICEVUTI

1 Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno dai nostri frati, questi li mandino dai loro ministri provinciali, ai quali soltanto e non ad altri sia concessa licenza di ammettere i frati. 2 I ministri, poi, diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa. 3 E se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente professare e osservare fermamente sino alla fine; […] 5 dicano ad essi la parola del santo Vangelo, che «vadano e vendano tutte le loro cose e procurino di darle ai poveri». 6 Se non potranno farlo, basta ad essi la buona volontà.
7 E si guardino i frati e i loro ministri dall’essere solleciti delle loro cose temporali, affinché di esse facciano liberamente tutto ciò che il Signore avrà loro ispirato. 8 Se tuttavia fosse loro chiesto un consiglio, i ministri abbiano la facoltà di mandarli da persone timorate di Dio, perché con il loro consiglio i loro beni vengano distribuiti ai poveri4.

L’incipit se alcuni vorranno lascia trasparire la delicatezza evangelica del Santo, assimilata e vissuta, e richiama i diversi se vuoi che Gesù rivolge a chi ricorre a lui. Nessuna costrizione ma l’apertura di una possibilità che spalanca l’eternità, perché Francesco, sulla scia del Maestro, lascia la porta sempre aperta al vento dello Spirito, mediante il quale il Padre agisce nella storia degli uomini e delle donne di ogni tempo. Sottolineiamo come il Santo ritorna spesso sul termine vita per indicare il cammino di consacrazione che lui stava percorrendo e che tanti altri chiedevano di condividere. Il Signore Gesù è la via che conduce alla verità e alla vita. La via che il Padre ha comunicato a Francesco non è una dottrina ma la stessa vita del Figlio, seguendo il quale si giunge alla verità dello Spirito.

Coloro che chiedevano di essere ricevuti all’obbedienza non mettevano i loro beni in comune ma li distribuivano ai poveri5. Del modo in cui gli aspiranti alla vita evangelica francescana davano attuazione a questo precetto non doveva interessare né ai ministri né agli altri frati. Questo perché è il Signore che ispira i candidati e, per tale motivo, non sono i frati e, meno ancora, i ministri che debbano interferire in tale ispirazione. L’aspirante deve disporre delle proprie cose con libertà, senza coazioni di nessuna specie, ma guidato solo dallo Spirito del Signore, perché è lui che gli ha dato la grazia di abbracciare questa vita, secondo il pensiero di Francesco.

Per il Santo, l’arrivo di nuovi candidati è un dono gratuito dello Spirito santo. Il Signore mi dette dei fratelli6, confessa alla fine della sua vita. La sua fede nell’ispirazione divina gli dà anche la libertà di non insistere sul fatto che i novizi vendano i loro beni ai poveri, ma fa dipendere questa scelta da una decisione volontaria e gratuita, oltre che dalla capacità spirituale del candidato.

Ad accogliere i candidati erano i soli ministri provinciali: a loro spetta il compito di esaminarli intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa. In questo contesto, la fede nei sacramenti della Chiesa diventava il banco di prova per verificare se coloro che volevano abbracciare questa vita erano veramente cattolici, cioè se erano in comunione di fede con la Chiesa cattolica.

Lo stile che i frati ministri devono avere nei confronti dei candidati è quello della carità nella verità, in quanto occorre accogliere nella carità di Dio chiunque bussi alla porta del convento senza chiedere nulla in cambio, ma nello stesso tempo bisogna rimanere nel solco della Chiesa cattolica dove la pianta francescana aveva trovato le condizioni adatte per crescere e portare frutto.

L’attenzione che i ministri e gli altri frati devono avere nel non immischiarsi nelle faccende temporali di coloro che bussano alla porta del convento per intraprendere questa vita e Regola, risponde alla chiamata che essi hanno ricevuto dall’Altissimo di vivere senza nulla di proprio. La loro ricchezza deve essere il Signore e, quindi, come pellegrini e forestieri in questo mondo, vadano per l’elemosina con fiducia7. Notiamo la visione equilibrata del Santo nel non costringere i candidati a fare quello che non possono fare, ovvero vendere i loro beni e darli ai poveri, ma basta ad essi la buona volontà.

Insomma Francesco invita i suoi frati a vivere relazioni libere e gratuite, che si esprimono nello stare vicino all’altro senza chiedere nulla in cambio, consapevoli che il Padre agisce nei cuori di tutti i suoi figli, attraverso la misteriosa azione dello Spirito Santo, per conformarli al suo Figlio benedetto.


1 Gn 1,26.27
2 Mt 10,8
3 Mt 10,8
4 Rb II, 1-3.5-8: FF 77-78
5 Cfr. Mt 19,21
6 2Test 14: FF 116
7 Rb VI, 2: FF 90.

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