di fra Pasquale
È inutile negarlo, questo è un momento difficile per la mia vita: tristezza ed angoscia camminano insieme nel mare della mia solitudine. Ho aperto il cuore all'amicizia senza riserve, ma paura e orgoglio l'hanno uccisa; ho tentato la via della scienza, ma non ho fatto altro che aumentare i dubbi e le incertezze; mi sono abbandonato alla preghiera, ma non mi hanno sorretto la fedeltà e la gioia e sono venuto meno.
È in questo stato che mi spingo giù nella brughiera accanto al canale, dove una nebbia fitta mi circonda ma il freddo umido e pungente non riesce ad infreddolire il mio corpo ben coperto da una giacca a vento. Cammino lentamente avvolto nel silenzio, non ho più paura come prima e anche l'angoscia sembra si sia messa un poco da parte.
Ora cammino più velocemente quasi sfiorando il sentiero, senza accorgermi, come richiamato da un istinto primordiale, mi sento spingere verso una misera casa che credevo ormai abbandonata. Quante volte sono passato convinto che fosse così, forse ero troppo chiuso nei miei pensieri per accorgermi; fatto sta che oggi non è così e finalmente libero, perché non ho più nulla da perdere, entro nella casa. Che incanto! Vi sono un uomo, una donna e un bimbo di pochissimi giorni posto non molto lontano da un camino.
È una festa! L'uomo mi viene affabilmente incontro come se mi stesse aspettando mentre la donna prende un mestolo di brodo e lo porta in tavola. Mi sento a casa, mi colpiscono, pur nella povertà, la dignità e la disponibilità dei genitori e poi quel bambino è davvero un amore. Già, il bambino Il quale continua ad agitarsi come partecipasse alla nostra gioia e, solo ora, come colpito da un fulmine, mi ricordo che è NATALE.
