La Conversione di San Francesco

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O alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre de lo core mio.
Et damme fede diritta,
 
speranza certa e caritade perfetta,
senno e cognoscimento, Signore,
che faccia lo tuo santo

e verace comandamento. Amen.


DALLA LEGGENDA DEI TRE COMPAGNI

Mentre un giorno stava pregando fervidamente il Signore, gli fu risposto: “Francesco, se vuoi conoscere la mia volontà, devi disprezzare e odiare tutto quello che amavi mondanamente e desideravi possedere. Quando avrai cominciato a fare così, ti parrà insopportabile e amaro quanto per l’innanzi ti era attraente e dolce; e dalle cose che una volta aborrivi, attingerai grande dolcezza e immensa soavità”.

Felice di queste parole e divenuto forte nel Signore, Francesco, mentre un giorno cavalcava nei paraggi di Assisi, incontrò sulla strada un lebbroso. E poiché di solito aveva grande orrore dei lebbrosi, fece violenza a se stesso, smontò da cavallo e offrì al lebbroso un denaro, baciandogli la mano. E ricevendone un bacio di pace, risalì a cavallo e seguitò il suo cammino. Da quel giorno cominciò progressivamente a non fare più alcun conto di se stesso, fino a giungere alla perfetta vittoria su di sé, con la grazia di Dio. Trascorsi pochi giorni, prese con sé molto denaro e si recò all'ospizio dei lebbrosi; li riunì tutti insieme e distribuì a ciascuno l'elemosina, aciandogli la mano. Nel ritorno, ciò che prima gli riusciva amaro, vedere cioè e toccare dei lebbrosi, gli si trasformò veramente in dolcezza.

Confidava lui stesso che guardare i lebbrosi gli era talmente increscioso, che non solo si rifiutava di vederli, ma anche di avvicinarsi alle loro abitazioni. E se a volte gli capitava di passare accanto alle loro dimore o di vederne qualcuno, sebbene la compassione lo stimolasse a far loro l'elemosina per mezzo di qualche altra persona, lui però voltava sempre la faccia dall'altra parte e si turava le narici con le proprie mani. Ma per grazia di Dio diventò compagno e amico dei lebbrosi così che, come afferma nel suo Testamento, stava in mezzo a loro e li serviva umilmente.


 DAL TESTAMENTO DI S. FRANCESCO D'ASSISI

Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo.

 


 ALCUNI SPUNTI

- L’importanza del cammino di fede fatto fino a quel momento.

- Se Francesco aveva dovuto farsi forza per scendere da cavallo e baciare quella mano, dovette farsene ancora di più per continuare. Da uomo centrato su se stesso egli divenne capace di guardare ai problemi degli altri.

- Primo protagonista è il Signore con la sua grazia; il Dio che si rivolge a Francesco è colui che gli concede e regala di iniziare a fare penitenza!

-Frate Francesco è il destinatario privilegiato di questa misericordia che arriva a lui come un regalo imprevisto e che gli procura gioia.

- Il fare penitenza è un ‘incominciare’ che esige perseveranza nel ricominciare.

- La conversione nasce da un modo nuovo di ‘vedere’ la realtà; nessuno può convertirsi all’amore del Dio che non vede, se non ama il fratello che vede.

- L’essere nei peccati di Francesco non va inteso all’interno di una visione moralistica del peccato, ma un impostare la propria esistenza lontano da Dio o indipendentemente da Lui, il rifiuto di questa presenza, il rinnegamento della sete più grande e profonda del cuore i cui frutti erano l’amarezza.

- Francesco iniziò a fare penitenza perché iniziò a fare misericordia con i lebbrosi: accetta di diventare uno che va verso di loro (esce dalla città) con umiltà e pazienza, per donare loro qualcosa di molto prezioso: il suo cuore.

- Francesco scopre che cercare seriamente Gesù Cristo non significa accettare di riconoscerlo dove più ci piace, ma di incontrarlo là dove si rivela.

- Francesco ci offre una notizia fondamentale: la trasformazione operata dal suo fare misericordia con i lebbrosi non riguarda di fatto i lebbrosi, i quali restano lebbrosi. Il lebbroso che venne guarito fu il suo cuore nel momento stesso che si impiegava l’olio della misericordia per guarire le ferite degli altri. Francesco non è più lo stesso. La misericordia con i lebbrosi fa trovare Francesco a Francesco.

- Da quell’esperienza di misericordia egli scoprì il volto di un Dio che è misericordia, prima sperimentata nella propria vita e poi donata agli altri.


Il povero che è in noi di Carl Gustav Jung

Vi ammiro, voi cristiani, perché identificate Cristo con il povero e il povero con Cristo, e quando date del pane ad un povero sapete di darlo a Gesù. Ciò che mi è più difficile comprendere è la difficoltà che avete di riconoscere
Gesù nel povero che è in voi.

Quando avete fame di guarigione o di affetto, perché non lo volete riconoscere? Quando vi scoprite nudi, quando vi scoprite stranieri a voi stessi, quando vi ritrovate in prigione e malati, perché non sapete vedere questafragilità come la persona di Gesù in voi?

Accettare se stessi sembra molto semplice, ma le cose semplici sono sempre più difficili...

L'arte di essere semplici è la più elevata, così come accettare se stessi è l'essenza del problema morale e il nocciolo di un'intera visione del mondo... Ospitando un mendicante, perdonando chi mi ha offeso, arrivando perfino ad amare un mio nemico nel nome di Cristo, do prova senza alcun dubbio di grande virtù... quel che faccio al più piccolo dei miei fratello l'ho fatto a Cristo!

Ma se io dovessi scoprire che il più piccolo di tutti, il più povero di tutti i mendicanti, il più sfacciato degli offensori, il nemico stesso è in me; che sono io stesso ad aver bisogno dell'elemosina della mia bontà, che io stesso sono il nemico d'amare, allora che cosa accadrebbe?

Di solito assistiamo in questo caso al rovesciamento della verità cristiana. Allora scompaiono amore e pazienza, allora insultiamo il fratello che è in noi, allora ci condanniamo e ci adiriamo contro noi stessi, ci nascondiamo agli occhi del mondo e neghiamo di aver mai conosciuto quel miserabile che è in noi.

E se fosse stato Dio stesso a presentarsi a noi sotto quella forma spregevole lo avremmo rinnegato mille volte prima del canto del gallo.

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