IO SONO la porta, IO SONO il pastore

fr. Maggiorino

I primi 21 versetti del capitolo 6 del vangelo di Giovanni hanno la medesima costruzione del capitolo 6, inoltre, quanto qui è contenuto, appare slegato da ciò che precede e da ciò che segue. Qualcuno azzarda l’ipotesi di uno scambio di fogli da parte del redattore; possiamo però forse comprendere questa ripetizione tra le frequenti reiterazioni che troviamo nel quarto vangelo, che hanno la funzione di approfondire i temi principali giovannei.

Quello che possiamo definire il macro tema è contenuto nello scontro tra Gesù e i Giudei, la questione in gioco è la messianicità di Gesù, sapere chi è Gesù.

Gesù entra in polemica con le autorità del popolo, parla di un recinto delle pecore e di due figure che stanno agli antipodi: il ladro brigante e il pastoreIl ladro è colui che si appropria di qualche cosa che è di altri. Qui siamo di fronte al popolo soggiogato, non libero. Ne risulterà che sono i capi dei Giudei che soggiogano perché tolgono al popolo ciò che è suo, mentre Gesù liberà. Il termine bandito ricorda come i Romani chiamavano gli appartenenti al movimento degli zeloti ritenuti “delinquenti politici”, “sicari” per i mezzi violenti che usavano per cacciare gli invasori (un “sicario” famoso è stato Barabba).

Nel capitolo 5, avevano trovato la Porta delle pecore dove stavano «un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici», conseguenze del gioco dei capi (cfr. Mt 23: Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, loro succhiano la vita al popolo)All’opposto, Gesù già si mostrava come colui che conduce fuori le persone dallo stato di oppressione.

Il pastore entra dalla porta perché ha l’autorizzazione del guardiano e «pecore ascoltano la sua voce» le conduce fuori al pascolo «e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce». Il profeta Ezechiele aveva profetizzato che Dio avrebbe assunto il ruolo di pastore del popolo-gregge: «Io stesso sarò il pastore del mio gregge e lo farò riposare in luoghi tranquilli. Lo dico io, Dio, il Signore. Cercherò le pecore perdute, ricondurrò nel gregge quelle andate lontano, fascerò quelle ferite, curerò quelle malate» (Ez 34,15-16)Qui Gesù sta compiendo una autorivelazione, per lui ognuno di noi è unico e conosce ciascuno per nome. Il Buon Pastore spinge i suoi fuori dal recinto del Tempio, la Legge di Mosè che era diventata un sistema oppressivo che non nutre (la legge in quanto tale non salva ma condanna il reo e siccome noi siamo tutti rei davanti al Signore noi saremmo tutti condannati). Nel capitolo 9, i Giudei cacciano il cieco che si era ribellato al loro sistema affermando che Gesù era il Cristo. Egli per il fatto di avere avuto la vista da parte di Gesù è già fuori.

  • Da che cosa dobbiamo essere liberati, tirati fuori?
  • Che cosa ci tiene in un recinto?

Dopo che Gesù libera, non siamo più soggiogati e ci chiede di seguirlo con l’ascolto della sua voce. Se ascoltiamo la sua voce non ricadiamo nel rischio di essere di nuovo soggiogati, come per il cieco nato.

L’ostinata incredulità dei Giudei continua, essi non accolgono la parola di Gesù perché questo vorrebbe dire cambiare radicalmente, ma essi non vogliono.

  • Quali sono le nostre resistenze?

«9Io sono la porta: chi entra attraverso me sarà salvo. Potrà entrare e uscire e trovare cibo. 10Il ladro viene soltanto per rubare, uccidere o distruggere. Io invece sono venuto perché abbiano la vita, una vita vera e completa… 14Io sono il buon pastore: io conosco le mie pecore ed esse conoscono me, 15come il Padre mi conosce e io conosco il Padre. E per queste pecore io do la vita». Gesù propone l’esclusività della propria persona, solo in lui si troverà pascolo e non si soffrirà mai più la sete e non si soffrirà mai più la fame. Inoltre Gesù, buon pastore, cerca la vita e dà la vita per il popolo e rispetto ai capi pone il bene dell’uomo come valore supremo anche a costo della sua vita. La nostra salvezza consiste nel fare nostro il suo messaggio.

  • Come è cambiata la vostra vita con l’incontro con Gesù?
  • Nella vita nel nostro cammino, sperimentiamo un crescendo (la vita in abbondanza)?

Gesù comunica vita senza porre in mezzo nessuna condizione. Chi noama fino a dare la vita non è pastore e non è disposto a difendere le pecore, quando c’è un pericolo scappa.

Gesù vuole raggiungere ogni donna e ogni uomo, tutti, mette da parte un interesse personale 7spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce», Fil 2,7-8)

Gesù insegna e mette per primo in atto la regola di Dare se stessi per essere se stessi. Io dono la mia vita, ma la riacquisto perché la dono. Questa è la regola che Gesù insegna, mettendola in pratica, e che è alla base di un amore che è generativo, perché nonostante la morte, donandosi, va oltre la vita. È il seme che muore per portare frutto. Per chi ama davvero, non c’è la morte.

La missione di Gesù è dare e generare vita. Il nostro compito è mostrare agli altri l’amore di Gesù.


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