Dopo la riflessione di Padre Enzo Bianchi del Monastero di Bose, vi proproniamo un altro contributo, questa volta di fra Alberto Joan Pari, appartenente al nostro Ordine dei Frati Minori e pubblicato su terrasanta.net, la testata online della Custodia francescana di Terra Santa dedicata a storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia. Oggi il tema è la taciturnistas ovvero il silenzio come momento di cui fare esperienza.
Il silenzio ci apre alla totale disponibilità ad accogliere la Parola di Dio; ci insegna a guardare dentro noi stessi, a essere attenti agli altri. Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo [...] un tempo per tacere e un tempo per parlare» (Qoelet, 3, 1.7). Ho letto in un articolo che aumentano sempre più le richieste di alloggio per alcuni giorni o una settimana nei monasteri in Europa da parte di uomini e donne in carriera, oberati dal lavoro e dagli impegni e desiderosi di una sosta rigenerante fatta di bellezza e soprattutto di silenzio.
Oggigiorno risulta quasi paradossale scrivere sul silenzio e sullo stare soli con sé stessi e con Dio; nessuno vuole stare solo, né socialmente né mentalmente, abbiamo escluso il silenzio e ci consegniamo a tutti i tipi d’intrattenimento per sfuggire dalla nostra interiorità; ma quanto bene farebbe sostare un poco nel raccoglimento per fare il punto della situazione e per cercare di raggiungere il centro del proprio essere, senza temere di trovarsi con sé stessi, nella solitudine del cuore. Ho sempre apprezzato molto i momenti di silenzio durante la giornata in convento, in particolare al mattino quando tutto tace e dorme, prima di intraprendere le tante attività di ogni giorno. I padri del deserto hanno fatto del silenzio uno dei pilastri principali della loro vita eremitica ed ascetica e mi piace ricordare cosa dice san Benedetto nella sua Regola. Egli affronta l’importanza del silenzio nel sesto capitolo, benché non manchino allusioni allo stesso nel resto dell’opera.
Sull’argomento il padre dei monaci d'Occidente fa eco della tradizione monastica anteriore; il silenzio di cui parla san Benedetto, la taciturnitas, non è solo silenzio materiale, ma un’attitudine del cuore indispensabile per ascoltare la Parola di Dio e prestar attenzione al fratello. Il silenzio, poi, non è un mutismo orgoglioso e aggressivo, ma totale disponibilità ad accogliere la Parola divina e umile attenzione agli altri. Da qui il silenzio che la Regola impone può essere interrotto quando lo richieda la carità. Anche san Francesco ricordava spesso ai fratelli di trovare tempo per ritirarsi e fare esperienza di eremo e silenzio. Diciamo che nel silenzio v’è una forza di purificazione, di chiarificazione e di comprensione dell’essenziale: per questo il silenzio è fecondo.
Cosa dice la Bibbia del silenzio? Se prendiamo come nostra guida il più antico libro di preghiera, il libro dei Salmi, notiamo due principali forme di preghiera, uno è un lamento, un grido di aiuto e l’altro è di ringraziamento e lode a Dio; ma ad un livello più nascosto c’è un terzo tipo di preghiera, senza domande o esplicite espressioni di lode. Ad esempio nel Salmo 131 non c’è altro che tranquillità e fiducia: «Io sono tranquillo e sereno... spera nel Signore, ora e sempre». A volte la preghiera diventa silenziosa. Una tranquilla comunione con Dio si può trovare senza parole. «Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre». Come un bambino soddisfatto che ha smesso di piangere ed è nelle braccia della madre, così può «stare la mia anima» in presenza di Dio. La preghiera allora non ha bisogno di parole, forse neppure di pensieri.
Come è possibile raggiungere un silenzio interiore? Qualche volta siamo apparentemente in silenzio, e tuttavia abbiamo grandi discussioni dentro di noi, lotte con compagni immaginari o con noi stessi. Calmare la nostra anima richiede una speciale semplicità. «Non mi tengo occupato con cose troppo grandi o troppo meravigliose per me», come dice sempre il Salmo 131. Silenzio significa lasciare a Dio ciò che è oltre la mia portata e le mie capacità. Un momento di silenzio, anche molto breve, è come una sosta santa, un riposo sabbatico, una tregua dalle preoccupazioni. Il tumulto dei nostri pensieri può essere paragonato alla tempesta che colpisce la barca dei discepoli sul mare di Galilea, mentre Gesù stava dormendo. Come loro anche noi possiamo sentirci senza aiuto, pieni di ansietà ed incapaci di calmarci, ma Cristo è abile nel venire in nostro aiuto. Gesù rimprovera il vento e il mare e guarda caso... li fa tacere! E «ci fu una grande calma»... Egli può anche donare calma al nostro cuore quando è agitato dalla paura e dalle preoccupazioni. Un altro Salmo ci suggerisce che il silenzio è perfino una forma di lode; siamo soliti leggere all’inizio del Salmo 65: «A te si deve lode, o Dio, in Sion»; questa traduzione segue il testo greco, ma effettivamente il testo ebraico dice: «Il silenzio è lode a te, o Dio in Sion». Quando le parole ed i pensieri si fermano, Dio è lodato in un silenzio di stupore e ammirazione. Bellissimo inoltre il brano del profeta Elia (1Re 19) che, cercando Dio, pensò di doverlo trovare nel fuoco impetuoso, nel tuono e nella tempesta, ma il Signore non era in nessuno di quei potenti fenomeni naturali... quando tutto il rumore terminò, Elia udì «il mormorio di un vento leggero» e Dio gli parlò.
In questa lunga estate che ci accoglie, è necessario quindi tornare al silenzio, a quel clima interiore di silenzio che fa che risuoni nelle profondità dello spirito la misteriosa chiamata di Dio e la possibilità di andare al suo incontro. Un silenzio che evita risonanze aggressive e risentimenti, che nasce dall’umiltà e risveglia la carità verso gli altri. Perché solo l’esperienza vissuta nella nostra solitudine interiore ci consente d’incontrare Dio e noi stessi. Un silenzio, infine, dove dimora il mistero. Buona taciturnitas a tutti e buona estate!
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