Non c'è Passione senza Compassione

Gabriella

In questo periodo di Quaresima, ora che iniziamo ad essere sempre più vicini alla Pasqua, credo che il modo più bello per condividere un pensiero con voi, come avevate chiesto al termine del nostro ultimo incontro, sia di farlo in forma di preghiera. Prego il Signore Nostro Gesù Cristo che faccia a me e a tutti noi il dono della compassione. Che ci doni la capacità, proprio come dice questa parola, di patire con, di saper sopportare e soffrire insieme a qualcuno, in pensieri, parole, azioni.

Prego che i nostri cuori sappiano amare soprattutto di fronte al dolore, nel momento della fragilità e della prova, nostra e altrui.Io credo che questo sia indispensabile per sentirsi veramente cristiani, per essere autenticamente in cammino, in viaggio (come detto ieri sera da Fr. Enrico) con Gesù. È proprio Lui ad averci dato l’esempio in tanti momenti della sua vita, certamente in uno prima che in tutti gli altri. Nelle meditazioni sulla Via Crucis, che in questi venerdì abbiamo vissuto con voi frati, la lettura del Vangelo di Marco (Mc 14, 32-42) ci ha fatto rivivere quel momento, con tutta la sua forza. Alla vigilia della sua Passione, ormai salito a Gerusalemme con i suoi discepoli, Gesù è nell’Orto degli Ulivi, nel Getsemani. Lui, il Figlio di Dio che si è fatto uomo per loro e per noi, “simile a noi in tutto fuorché nel peccato”, è lasciato solo. Sa che sta giungendo per lui il momento della prova, del tradimento e della morte. Una “tristezza mortale” lo opprime e da solo vive l’angoscia e la paura che da uomo sente come tutti noi. I discepoli che sono lì con lui, anche i tre a cui ha chiesto di restare svegli e di pregare insieme a lui, non lo fanno e si addormentano. Sono lì vicino, poco distanti, forse sentono le sue parole rivolte al Padre, eppure non si accorgono di nulla. Niente li desta, niente li conduce verso il suo dolore: non lo vedono, non lo ascoltano, non sono capaci di condividere la sua sofferenza, di provare per lui compassione. Per tre volte Gesù cerca il loro conforto “perché la volontà è pronta, ma la debolezza è grande!”, ma tutti continuano a dormire e, come se nulla stesse accadendo, continuano a riposare.

E noi, di che cosa siamo capaci? Rimaniamo svegli o ci addormentiamo? Quanto riusciamo a sentire l’uomo del Getsemani — che ha detto ai suoi discepoli “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” — esattamente come noi nel momento della paura e dell’angoscia? Proviamo a pensarci. Non è forse nella compassione per Lui che incontriamo la sua compassione per noi? O nel suo dolore, il nostro? Io questa verità me la sono trovata davanti agli occhi proprio nel momento della prova. Davanti agli occhi perché nel momento della prova, in cui ero da sola, ho rivolto il mio sguardo ad un crocifisso, appeso alle pareti di una sala di aspetto dell’ospedale, appeso al rosario che stringevo nella mia mano. Nell’uomo della Croce ho trovato speranza, conforto e compassione. Una compassione vera, perché la sofferenza e la paura che stavo provando realmente dentro di me, la certezza di dover passare attraverso quel momento, mi hanno fatto sentire quanto la mia fragilità e la mia sofferenza potessero essere come le sue e le sue come le mie.

Prego dunque il Signore Nostro Gesù Cristo per me e per voi affinché possiamo sentire sempre questo conforto, di non sentirci mai soli nella prova, di donarci le lacrime, come detto da Fr. Maggiorino, guardando a Lui, il Dio della Croce, che è lì con noi. Perché io credo che non ci sia Passione senza compassione, senza il desiderio di credere che Lui è lì con noi sulla Croce.

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