Conformi all'immagine del Figlio suo

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Così il verace amore di Cristo aveva trasformato I'amante nella immagine stessa dell’Amato


1. La vita cristiana come cammino di conformazione, trasformazione, trasfigurazione

Le stimmate hanno fatto rileggere l’intera esperienza di Francesco come cammino di conformazione a Cristo. La conformità al Maestro non è però esclusiva della mistica speciale: ogni discepolo è chiamato a seguire Cristo conformandosi al suo donarsi nella passione e alla vita nuova nella risurrezione.

Introduzione

800 anni fa, il 17 settembre 1224, sul monte della Verna, Francesco d’Assisi riceveva le stimmate.

Francesco viene conformato a Cristo, assume anche una forma fisica che assomiglia a quella che contraddistingue il Signore Risorto. Ma tale conformità esteriore è totalmente incomprensibile, poco più di un fenomeno da fiera, senza il percorso di conformazione a Cristo che ha attraversato la vita intera di Francesco.

Percorso che, paradossalmente, è più importante delle stesse stimmate. Anche se, infatti, Francesco non le avesse ricevute, come affermano diversi nostri contemporanei, insieme a molti nel corso della storia, non verrebbe meno la sua passione per Cristo. Ciò che lo rende santo non è l’esperienza stra-ordinaria, ma la normalità delle scelte di vita.

Ho scelto come tema la citazione di Rom 8,29: “Conformi all'immagine del Figlio suo”, perché attraverso lo sguardo all’esperienza di Francesco vogliamo cogliere un aspetto fondamentale del nostro vivere cristiano: siamo chiamati a conformarci a Cristo nella vita e nella morte.

Nei testi che annunciano il miracolo delle stimmate emerge con forza il parallelismo tra Francesco e Gesù, tema che san Bonaventura, alcuni decenni dopo, formulerà in modo più preciso come “conformità” di Francesco a Cristo. Chiosando il racconto dell’episodio delle Stimmate Bonaventura usa questa bellissima espressione: “Così il verace amore di Cristo aveva trasformato I'amante nella immagine stessa dell’Amato” (Legm XIII,5; FF 1228)

Questa sera ragioniamo insieme su questo tema della conformità a Cristo, ovvero della trasformazione dell’amante nella immagine stessa dell’amato, certo guardando anche alla vita di

Francesco, ma allargando lo sguardo al Mistero dell’Incarnazione che si compie nella Pasqua e alla chiamata di ogni cristiano a vivere tale conformità.

Conformità nella Sacra Scrittura

Non si tratta di un tema particolarmente frequentato dalla spiritualità corrente, ma presente da sempre nella coscienza credente.

Pensate a Paolo che, nella lettera ai Romani 8,29, annuncia

Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli”.

Questa primogenitura apre ad ogni discepolo il cammino che porterà ad essere trasfigurato ad immagine del Risorto.

Nella lettera ai Filippesi Paolo torna su questa dinamica trasformativa e lo fa in riferimento all’insieme del Mistero pasquale.

Da una parte c’è un nostro percorso di conformità, su cui torneremo tra poco, che ci consente di assumere il modo vissuto da Cristo di attraversare sofferenza e morte. Quindi guarda alla Pasqua nella dimensione del soffrire, morire, offrire se stesso, ecc. Dopo aver testimoniato di aver abbandonato ogni motivo umano di vanto scegliendo la sola fede motiva la sua scelta:

Fil 3,10-11: “10 perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, 11 nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti”.

Questa prima dinamica di conformità alla sua morte, si compie, però in una ulteriore trasformazione, interamente data dalla grazia. Qui Paolo guarda alla Pasqua nella dimensione della risurrezione, della vita nuova, piena, eterna, ecc.

Dopo aver messo in guardia da falsi maestri che pensano solo alle cose della terra, conclude:

20 La nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, 21 il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose”.

Conformati non uniformati

L’esperienza di Francesco è stata riletta dentro queste coordinate bibliche, anche se nel corso della storia ha avuto diversi momenti di eccesso. La retorica di Francesco “alter Christus” non ha sempre brillato per equilibrio e buon senso, ma questo non significa che sia meno importante.

Quelle coordinate bibliche non sono comunque riservate a eventi della mistica speciale, ma al cammino cristiano nella sua interezza.

N.B.: Lo Spirito agisce non uniformando, ma innescando processi di tras-formazione e di ri- forma. Tale trasformazione conforma ciascuno all’originale al modo degli organi del corpo che contengono lo stesso DNA ma compongono il corpo ciascuno a proprio modo.


2. Il Figlio, assumendo la natura umana, si è conformato a noi e ci ha mostrato una umanità piena e affascinante

Noi possiamo percorrere la strada della conformità a Cristo perché questa strada, nel verso opposto, è stata aperta dal Verbo che si è fatto carne. Lui si è conformato alla nostra umanità, aprendone i tesori, mostrandoci quanto bella e affascinante sia la vita se vissuta come Lui ha fatto. La sua persona, la sua vita, le sue scelte sono una sorgente inesauribile di conoscenza del Mistero di Dio e sono tutte vie umane e percorribili che conducono al Padre.

Prese la forma di servo

La sorgente del nostro percorso di conformità è quello, opposto, vissuto dal Verbo che si è fatto uomo.

Egli che era Dio ha preso la forma, e con questo termine non si intende solo l’aspetto esteriore ma ciò che è essenziale per costituire una realtà, dicevamo a preso la forma umana. Lui si è conformato alla nostra umanità, eccetto che nel peccato.

Fil 2,5-9:
5Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: 6egli, pur essendo nella condizione di Dio,

2:6 il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio

non ritenne un privilegio l'essere come Dio,
7ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,

ma spogliò sé stesso, prendendo
forma di servo, divenendo

diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo,
8umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
9Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome

Umanità piena e affascinante

Nel momento in cui assume la nostra natura senza che questa abbia relazione con il peccato, ecco che l’umanità splende di una luce nuova. In ogni momento della sua vita manifesta questa straordinaria realtà di una umanità vera, autentica, profonda. I cristiani si sono presto resi conto che non solo la sua umanità era reale, ma, in modo ancor più radicale, egli era l’unica manifestazione di come l’umanità è realmente nella sua natura profonda, nello sguardo e nel progetto di Dio.

E la sua umanità è bella, vera. Noi cristiani siamo affascinati dalla sua compassione, dalla sua voglia di vivere che si manifestava nella gioia di stare con gli amici, andare alle feste, mangiare insieme. Dalla sua sincerità senza compromessi, dal suo amore per i poveri, dalla sua sollecitudine per gli scarti umani. Dalla sua coerenza, dal suo modo di vivere senza fissa dimora, dal suo desiderio di raggiungere ogni più piccolo villaggio per annunciare che il Regno è vicino, in mezzo a noi, in noi.

Dalle idee alla Persona

Le sue parole sono, quindi, essenziali, importanti, sono la via per accoglierLo pienamente, per comprendere chi è Dio e chi siamo noi, ma hanno bisogno di essere interpretate alla luce della Sua vita.

Parola, Segni e Vita si illuminano a vicenda.

È importante renderci conto di come il suo modo di essere uomo ha profondamente affascinato nel corso dei millenni. Oggi troppi cristiani rischiano di legare Gesù esclusivamente alle sue parole, e senza rendersene conto slittano in una forma di semplice conoscenza: cerco di capire che cosa significano quelle parole, ne cerco il significato intellettuale, ne approfondisco l’esegesi e il significato letterale.

Ma è stato chiaro sin dall’inizio ai credenti che quelle parole restavano oscure se non erano inserite dentro una narrazione, dentro un racconto che testimonia di una vita concreta, quella di Gesù, che quelle parole non le ha solo pronunciate, ma vissute.

Perché Lui è sia il messaggero che il messaggio. Lui è la Parola fatta carne, che sulla croce diventa carne fatta Parola.

Imitazione

Anzi, ci si è resi presto conto che forse la sua vita aggiungeva qualcosa alle sue parole: pensate a come la vita religiosa abbia attinto non tanto alle parole di Gesù, quanto alla sua forma di vita. Il riferimento dei voti sono certo le parole di Gesù a proposito dell’uso dei beni, della vita di relazione e di come bisogna obbedire alla sua parola. Ma normalmente il riferimento dei religiosi non sono solo queste parole, quanto la logica dell’imitazione della vita di Gesù, nei suoi aspetti concreti, nelle sue scelte, nella ricerca dei suoi sentimenti, in tutti quegli aspetti affascinanti che dicevamo sopra.


3. Seguire, imitare, conformarsi a Cristo nell’intera vita di Francesco. Cristo compatisce con noi, noi amiamo con Lui

Francesco proclama che la sua vocazione è “vivere secondo la forma del santo Vangelo” (Testamento) e l’intera sua esistenza è caratterizzata da tale processo. Ogni pagina del Vangelo è stata presa sul serio dal Poverello, ma in particolare è stato travolto dalla compassione considerando la Passione e Morte del Signore. La sua conformità alla nostra natura porta Gesù a far propri anche il dolore e la morte, compatisce con noi e noi, aprendoci all’amore che si manifesta sulla croce, impariamo ad amare.

Il modo di seguire e imitare di Francesco

Francesco guarda all’insieme della vita di Gesù e nel suo testamento esprime il desiderio di tutta una vita affermando che la sua vocazione è “vivere secondo la forma del santo Vangelo”.

Tommaso da Celano (1Cel 84; FF 465-466), introducendo l’episodio di Greccio che da poco è stato oggetto del nostro ricordo dice che

La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio dell'anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo. Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro”.

E il suo modo di ascoltare il Vangelo non è di pensare alle idee contenute nel Vangelo, ma di fare quanto dice, di imitare ciò che è narrato perché è ovvio per lui che “non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre” (Mt 7,21).

Ricordiamo tutti come ciò lo ha caratterizzato sin dai primi passi: ascolta il Vangelo che narra dell’invio in missione dei discepoli e…lo fa! (Cfr. 1Cel 22; FF 356).

Le stimmate

Entriamo, dunque, nella considerazione diretta dell’evento delle stimmate, dentro l’orizzonte di questo percorso di dinamica imitativa e conformante che attraversa tutta la vita di Francesco.

Sia anche chiaro che non c’è riuscito sempre: Francesco ha vissuto anche lunghi tempi di fatica, ad esempio a convertirsi alla realtà, ad accettare i frati come erano e non come li voleva, ma il suo desiderio costante è sempre stato vivere secondo la forma della Vita di Cristo Gesù.

Passione e croce

Ogni pagina del vangelo apre a questo tesoro, ogni gesto e decisione di Gesù diventano oggetto di meditazione e imitazione, ma la contemplazione del mistero delle stimmate ricevute da Francesco spinge in particolare la nostra attenzione a considerare il Mistero pasquale.

Lui compatisce con noi…

Quanto abbiamo rilevato sopra a proposito del suo assumere e portare a compimento la natura umana arriva anche a ciò che sembra contraddire il desiderio di vita e pienezza insito nell’umano: il fallimento, il tradimento, l’inganno, l’odio, la violenza. Gesù Cristo si conforma alla nostra umanità anche negli aspetti della fragilità, del dolore e della morte. Lui compatisce insieme all’uomo.

E il percorso per accogliere la salvezza che viene da quel mistero pasquale non sta tanto nel conformarsi al suo dolore e alla sua morte, perché questi fanno parte del nostro bagaglio naturale, è lui che li ha assunti per noi e con noi, quanto invece nel conformarsi a quella capacità di stare dentro ogni realtà della vita trasformandola in occasione di dono di se stessi, persino di amore.

…noi amiamo con Lui

Il nostro percorso di conformazione, la nostra croce che dobbiamo portare per seguire il Signore, non sta tanto nella scelta di situazioni di dolore, quanto nella capacità di portare ciò che la vita impone trasformandolo in scelta.

In gioco c’è molto più del semplice fare di necessità virtù: accogliere la vita nella sua realtà, anche negli aspetti meno belli, ma da discepoli, da membra del corpo del Cristo grazie alla forza che viene da lui, alla grazia che scaturisce dall’evento della passione, morte e risurrezione di Gesù, diventa creazione di una umanità nuova, capace di stare dentro le realtà belle e brutte dell’esistenza con lo stesso cuore di Cristo Gesù.

Diventare uomini come Lui

Essere discepoli pone dunque nella condizione straordinaria di poter conformare la propria esistenza a quella del maestro, non certo negli aspetti che dipendono dalla sua divinità, il percorso della conformità non riguarda il diventare necessariamente operatori di miracoli, ma nel suo modo di essere uomo, di affrontare le fatiche e le gioie, di vivere i tempi della festa e le fatiche della persecuzione, di guardare e incontrare e amare le persone che si ponevano sul suo cammino.


4. Le stimmate

La compassione di Francesco apre orizzonti impensabili: l’Amore crocifisso lo trasforma a propria immagine. Per dono vive l’amore e il dolore del suo Maestro e Signore in modo così travolgente da iniziare un processo di trasformazione che si compirà comunque solo nella gloria, quando le stimmate saranno solo amore senza dolore.

Francesco: conforme al Maestro

Francesco vive questo desiderio di estrema conformazione in molte situazioni, ma consideriamo in modo speciale quanto avvenuto sul monte della Verna.

I giorni che precedono il 17 settembre sono segnati dal continuo ritorno di testi che rimandano alla passione o la raccontano e Francesco si lascia totalmente coinvolgere pensando, però, significassero che “sarebbe entrato nel regno dei cieli solo attraverso innumerevoli tribolazioni, angustie e lotte” (1Cel 93; FF 483).

Ovviamente non si aspetta niente di quanto accadrà di lì a poco. Come potrebbe? Prima di Francesco non è mai accaduto un fatto simile in tutta la storia del cristianesimo. Però accoglie la Parola per come gli è possibile comprenderla e lascia che quel seme germogli nei suoi frutti inaspettati.

Consid Stimm III; FF 1919

Viene il dì della santissima Croce, e santo Francesco la mattina per tempo innanzi dì si gitta in orazione dinanzi all' uscio della sua cella, volgendo la faccia inverso l' oriente, e orava in questa forma: « O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti priego che tu mi faccia, innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nelI'anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione, la seconda si è ch' io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore del quale tu, Figliuolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori ». E stando lungamente in cotesto priego, sì intese che Iddio lo esaudirebbe e che, quanto e' fusse possibile a pura creatura, tanto gli sarebbe

conceduto di sentire le predette cose. In brieve, avendo santo Francesco questa promessa, comincia a contemplare divotissimamente la passione di Cristo e la sua infinita carità. E crescea tanto il fervore in lui della divozione, che tutto sì si trasformava in Gesù, e per amore e per compassione”.

Notiamo subito che i poli attorno ai quali si muove sono due, inscindibilmente legati: il dolore e l’amore.

A)   Che in vita mia io senta nelI'anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione
Anzitutto la concretezza della via della passione, che non può essere spogliata di tutto ciò che la rende umanamente orribile per risalire ad un significato astratto. Perché è vero che è l’amore che ci redime, ma la forma concreta dell’amore di Gesù è questa e non un altra.

Francesco si lascia travolgere dalla semplice, umana compassione, che chiunque abbia una coscienza sente di fronte ad un essere umano che soffre.

La compassione è un sentimento di profonda empatia e solidarietà. Si tratta di un'emozione che spinge le persone a comprendere e a condividere il dolore altrui, implica un coinvolgimento emotivo positivo e una volontà attiva di aiutare gli altri. Perché la compassione vera non ha a che fare con la lacrimuccia o il senso di colpa di chi sta sdraiato sul divano guardando il Tg. Diventa azione, coinvolgimento attivo, che si manifesta attraverso gesti di gentilezza, comprensione e sostegno verso chiunque ne abbia bisogno, senza giudizio o discriminazione.

Francesco non legge distrattamente i testi della Passione, né cerca in essi delle idee. Si lascia coinvolgere e si identifica con il protagonista del racconto.

Ancor più perché è il racconto del dolore di qualcuno che si ama, non di uno sconosciuto.

A)   La seconda si è ch' io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore del quale tu, Figliuolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori
In questa concretezza del patire, però, Francesco, e la chiesa di ogni tempo, è attento a restare ancorato alla consapevolezza profonda che ogni singolo respiro di Gesù, ogni passo vacillante,

ogni frustata, ogni chiodo e goccia di sangue sono donati, sono amore nella sua forma più radicale.

L’umanità di Gesù diventa il luogo del dono radicale di tutti a tutti: l’uomo si dona a Dio e Dio si dona all’uomo. Gesù sia come uomo che come Dio si dona totalmente al Padre e si dona totalmente all’umanità intera.

L’Amore si è fatto carne e la carne si è fatta Amore.

1Cel 94-95; FF 484-485
Allorché dimorava nel romitorio che dal nome del luogo è chiamato «Verna », due anni prima della sua morte, ebbe da Dio una visione. Gli apparve un uomo, in forma di Serafino, con le ali, librato sopra di lui, con le mani distese ed i piedi uniti, confitto ad una croce. Due ali si prolungavano sopra il capo, due si dispiegavano per volare e due coprivano tutto il corpo”.

Notiamo come la descrizione sia stranamente imprecisa. Noi ci aspettiamo una immediata identificazione con Cristo e invece il biografo, in questo certamente non inventando nulla perché altrimenti avrebbe subito fornito una interpretazione chiara, non riesce nemmeno a dire se sia un uomo o un angelo.

Lo identifica comunque con un Serafino.

Questi essere angelici vengono citati solo in Is 6,2-7. Descritti come abbiamo appena sentito - forma umana e sei ali - sono indicati come esseri infuocati - seraphim signica “ardenti” - il cui fuoco è capace di purificare dai peccati. Il loro canto potente riempie il tempio celeste e ne scuote le colonne: “Santo, Santo, Santo…”.

Il fuoco di cui sono fatti è l’amore ed è interessante che abbiano la forma dell’Amore crocifisso.

A quell'apparizione il beato servo dell'Altissimo si sentì ripieno di una ammirazione infinita, ma non riusciva a capirne il significato. Era invaso anche da viva gioia e sovrabbondante allegrezza per lo sguardo bellissimo e dolce col quale il Serafino lo guardava, di una bellezza inimmaginabile; ma era contemporaneamente atterrito nel vederlo confitto in croce nell'acerbo dolore della passione. Si alzò, per così dire, triste e lieto, poiché gaudio e amarezza si alternavano nel suo spirito. Cercava con ardore di scoprire il senso della visione, e per questo il suo spirito era tutto agitato”.

Troppo strano questo racconto per non essere stato raccolto da chi lo ha vissuto. La visione, invece che chiarire accende domande, muove intelletto e sentimenti a cercare il significato di quanto accade. Addirittura mette in agitazione.

È quanto accade avvicinandosi al Mistero: Dio è perenne novità, Colui che fa nuove tutte le cose mostra ogni volta un diverso frammento del suo volto. L’uomo che incontra Dio in questo modo non può immediatamente comprendere e accettare ciò che sperimenta e conosce. L’incontro con Lui apre nuovi cammini.

Proprio a questo punto, in modo del tutto inaspettato, accade l’inimmaginabile:

Mentre era in questo stato di preoccupazione e di totale incertezza, ecco: nelle sue mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi che aveva appena visto in quel misterioso uomo crocifisso.

Le sue mani e i piedi apparvero trafitti nel centro da chiodi, le cui teste erano visibili nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Quei segni poi erano rotondi dalla parte interna delle mani, e allungati nell'esterna, e formavano quasi una escrescenza carnosa, come fosse punta di chiodi ripiegata e ribattuta. Così pure nei piedi erano impressi i segni dei chiodi sporgenti sul resto della carne. Anche il lato destro era trafitto come da un colpo di lancia, con ampia cicatrice, e spesso sanguinava, bagnando di quel sacro sangue la tonaca e i pantaloni”.

Oltre a notare che non si tratta di buchi, ma di chiodi di carne - evento mai più accaduto nei secoli successivi - annotiamo anche che Francesco ha nascosto le stimmate tutta la vita. I frati, a parte i pochissimi compagni degli ultimi due anni di vita, lo hanno saputo solo alla morte.

Francesco entra nel Mistero dell’amore di Dio in modo inaspettato. E nulla ci viene detto di come abbia sperimentato l’amore oltre al dolore.

Tutto lascia intendere che le due cose siano state esperite insieme: Francesco prende la forma dell’amore crocifisso, brucia dello stesso serafico ardore dell’amore di Cristo e sperimenta nel contempo il suo dolore. Ma, lo abbiamo visto, le due cose non sono separabili in Cristo.


Conclusione

Entrare nell’esperienza di Francesco ci consente di vedere plasticamente ciò che accade all’interno del cuore di ogni credente che, da discepolo, attraversi l’esistenza conformandosi alla vita e alle parole del Signore Gesù Cristo.

Possiamo solo intuire quanto amore ci sia in gioco, da parte di Francesco e da parte di Dio, in questa drammatica trasfigurazione. Ma possiamo essere certi che Dio impiega lo stesso amore verso ciascuno di noi.

Certo le nostre risposte sono minuscole, ma sapere che in ciascuno di noi è già iniziato questo processo di conformazione apre alla speranza vera. Malgrado le nostre resistenze, ogni si, ogni scelta dettata dall’amore, ogni passo per discostarsi dal centro della scena lasciando posto al povero o a Dio rendono questo processo più profondo.

Perchè ora (Rom 8,28-32) “noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.

Inno all'amore di Dio

Che diremo dunque di queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?”.

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