Novena di Natale

16 Dicembre

Tutti i secoli mi diranno Beata:
Dio ha guardato la sua serva.

Il mistero dell’incarnazione del Signore, che i cristiani hanno contemplato lungo il corso dei secoli colmi di stupore, ci chiama ogni anno a sostare nella contemplazione della kenosi (svuotamento) di Dio nella carne del Figlio. Il Natale del Signore è perciò quel mistero che la Chiesa celebra nella liturgia lasciandosi stupire per il dono di una Presenza. 

I testi liturgici dell’Avvento preparano il cuore all’accoglienza di questo dono, soprattutto nell’ultimo tempo che ci avvicina al giorno natalizio del Signore, nei sette giorni precedenti la festa chiamati “ferie maggiori”. In questi giorni, ai Vespri, si proclama un’antifona che è un grido verso il Messia, un’invocazione accorata della sua venuta nella quale la Chiesa gli si rivolge ogni giorno con alcuni dei titoli che gli sono attribuiti nella Scrittura. Queste antifone maggiori dell’Avvento delineano gradualmente un percorso che ci porta dritto al cuore della celebrazione del Natale, facendo crescere l’attesa e colmandola della presenza del Signore. 

Queste antifone sono dette comunemente “antifone O”, perché cominciano tutte con questa esclamazione. Chi dice “O” sta contemplando con il cuore colmo di stupore. Infatti questi testi esprimono lo stupore commosso della Chiesa nella sua secolare, instancabile contemplazione del Mistero. La liturgia della Chiesa romana conosce sette antifone “O”, una per ciascuna delle sette ferie maggiori, e tutte si rivolgono a Gesù Cristo. Sono una serie d’invocazioni messianiche che invocano Colui che è promesso nell’Antico Testamento perché venga a salvare il suo popolo. Sono testi che testimoniano le parole di S. Paolo che cita il profeta Gioele: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”.

Maranatha: vieni, Signore Gesù!

17 Dicembre

 O Sapienza, che esci dalla bocca dell’Altissimo (Sir 24,3),
ti estendi sino ai confini del mondo, e tutto disponi con soavità e forza (Sap 8,1): vieni, insegnaci la via della saggezza! (Is 40,14)

 Riflessione sull'antifona “O Sapienza, che esci...”

  1. Splendore della luce eterna, la sapienza è la Parola di Dio personificata nell’Antico Testamento e ora è Gesù Cristo stesso che presiede al flusso e al riflusso della storia della salvezza. Essa sola permette di capire come, nonostante l’apparente venir meno delle promesse divine, tornerà dall’umiliazione dell’esilio un “resto”, un residuo di uomini e donne fedeli al Dio di Gesù Cristo, la cui fede purificata conoscerà la via della verità (Is 40,14). 

Invocando la Sapienza divina perché si manifesti ancora una volta nella Chiesa, ci appelliamo al dinamismo spirituale del mistero del Verbo incarnato, affinché “Dio sia tutto in tutti” (1Cor 8,6: 15,28). 

  1. Vieni, Sapienza dell’Altissimo, insegnaci la via della Verità!

18 Dicembre

Signore, guida della casa d’Israele (Mt 2,6),
che sei apparso a Mosè nel fuoco del roveto (Es 3,2; At 7,30),
e sul monte Sinai gli hai dato la legge: (Es 20)
vieni a liberarci con braccio potente! (Es 15,12-13; Ger 32,21)

 Riflessione sull'antifona “O Signore, guida...”

  1. Quest’antifona, richiamando il nome di Dio rivelato a Mosè (Es 6,2), è un compendio dell’epopea dell’esodo dall’Egitto e della rivelazione della Legge mediante il Verbo divino. (M. Gilbert)
  2. O Supremo Signore, Adonai, vieni a riscattarci, non più nella tua potenza, ma nella tua umiltà. Una volta ti sei manifestato a Mosè, in mezzo a una divina fiamma. Ora non è più tempo di spaventare, ma di salvare. 

Per questo la tua purissima Madre Maria, dispone per te gli umili panni che copriranno la tua nudità e ti ripareranno dal freddo in questo mondo, nell'ora in cui apparirai nel profondo della notte e del silenzio. Così ci libererai dalla servitù del nostro orgoglio e il tuo braccio si farà sentire più potente quando sembrerà più debole e più immobile agli occhi degli uomini. Tutto è pronto, o Gesù! Parti dunque presto e vieni a Betlemme, a riscattarci dalle mani del nostro nemico. (P. Guéranger)

19 Dicembre

Germoglio di Iesse,
che t’innalzi, come segno per i popoli (Is 11, 10):
tacciono davanti a te i re della terra
e le nazioni t’invocano (Is 52,15):
vieni a liberarci, non tardare! (Ab 2,3)

 Riflessione sull'antifona “O Radice di Iesse, che ti innalzi...”

  1. Si passa adesso al messaggio dei profeti, specialmente a quello di Isaia, riferito alla promessa divina di far rimanere in eterno un discendente di David come re di Israele, nonostante l’infedeltà di Israele e dei suoi capi. Anche nella schiavitù e nella disgrazia, il casato di Davide rimarrà un segno innalzato, attorno al quale tutte le genti, e con esse gli esuli d’Israele, si ritroveranno uniti (cfr 1Cr 17,11-14). La speranza rimarrà salda pur in una situazione di estrema afflizione (Is 52,15). (R. Gantoy e R. Swaeles)
  2. Eccoti dunque in cammino, o Figlio di Iesse, verso la città dei tuoi avi. L'Arca del Signore s'è levata ed avanza! Avanza, o Madre di Dio e degli uomini, Propiziatorio in cui è racchiusa la divina Manna che preserva l'uomo dalla morte! I nostri cuori ti seguono e ti accompagnano, e come il tuo Regale antenato, giuriamo "di non entrare nella nostra casa, di non chiudere le nostre palpebre e di non concederci riposo fino a quando non abbiamo trovato nei nostri cuori una dimora per il Signore che tu porti"! (P. Guéranger)

20 Dicembre

 O Chiave di Davide, scettro della casa d’Israele (Gn 49,10),
che apri, e nessuno può chiudere,
chiudi e nessuno può aprire (Is 22,22; Ap 3,7):
vieni, libera l’uomo prigioniero (Is 42,7),
che giace nelle tenebre e nell’ombra della morte (Sal 106,10).

 Riflessione sull'antifona “O chiave di Davide, scettro …”

  1. La terza antifona presentava Cristo stesso, segno davanti a tutti. La quarta insiste sulle sue azioni, sul suo potere assoluto - aprire o chiudere - e, come il Servo del Signore, sul suo ruolo di liberare i prigionieri dalle tenebre. Egli, in quanto Dio e discendente di Iesse, realizza la promessa fatta a David. (M. Gilbert)
  2. O figlio di David, erede del suo trono e della sua potenza, tu percorri una terra sottomessa un tempo al tuo avo e oggi asservita dai Gentili. Oggi almeno il seno materno ti offre ancora un asilo dolce e tranquillo, nel quale non ricevi che le testimonianze dell'amore più tenero e più rispettoso. Ma, o Signore, bisogna che tu esca da quel beato ritiro; bisogna che tu, o Luce eterna, risplenda in mezzo alle tenebre, poiché il prigioniero che sei venuto a liberare languisce nella sua prigione. Egli giace nell'ombra della morte, e vi perirà se non vieni prontamente ad aprirne le porte con la tua Chiave onnipotente! Vieni a spezzare il giogo che ci opprime e degrada! Vieni, o divino Liberatore, a riscattare tutto ciò che ti sei degnato di rendere libero con la tua grazia e a risollevare in noi la dignità di fratelli tuoi. (P. Guéranger)

21 Dicembre

 O Astro che sorgi (Ger 23,5; Zc 3,8 e 6,12),
splendore di luce eterna (Sap 7,26; Ab 3,4),
sole di giustizia (Ml 3,24): vieni, illumina
chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte! (Is 9,1; Lc 1,78)

 Riflessione sull'antifona “O astro che sorgi, splendore …”

  1. Oggi è il giorno del solstizio d’inverno, ultimo giorno di riduzione del tempo di luce; a partire da domani vedremo il sole un po’ in più ogni giorno. Proprio in questo giorno invochiamo il Signore Gesù come l’“Astro che sorge”. La domanda di questa quinta antifona richiama l'idea d'illuminare, alludendo a una delle maggiori profezie messianiche del libro d'Isaia: «II popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce». Così l'antifona di oggi, nel contesto preparatorio al Natale, ci fa pregare Cristo di compiere questa profezia: illuminaci! (M. Gilbert)
  2. O divin Sole, o Gesù, tu vieni a strapparci alla notte eterna. Sii per sempre benedetto! Ma come provi la nostra fede, prima di risplendere ai nostri occhi in tutta la tua magnificenza!

Accresci in noi la Fede, ma accresci anche l'amore. O Gesù, che non forzi l'omaggio delle tue creature, noi vogliamo accompagnarti per il resto del tuo viaggio, e non vogliamo lasciarti fino a quando non siamo arrivati con te alla dolce Betlemme, a quella Casa del Pane in cui finalmente i nostri occhi ti vedranno, o Splendore eterno, nostro Signore e nostro Dio. (P. Guéranger)

22 Dicembre

 O Re delle genti, (Ger 10,7; Ap 15,3)
atteso da tutte le nazioni (Ag 28),
pietra angolare che unisci i popoli in uno (Is 28,16; Ef 2,14.20):
vieni e salva l’uomo che hai formato dalla terra! (Gn 2,7)

 Riflessione sull'antifona “O Re delle genti, atteso … ”

  1. La pietra angolare richiama la fedeltà durevole e incrollabile di Dio, che è la roccia di Israele, ma anche l’opera di unione e pacificazione fra Giudei e pagani del futuro Messia: fedele alle promesse, Egli riunisce in Sé tutta l’umanità. Tutti gli uomini sono stati creati dalla stessa argilla e la salvezza operata da Cristo ha una portata universale, per condurre all’unità tutto il genere umano. (M. Gilbert; R. Gantoy e R. Swaeles)
  2. O Re delle genti! Il viaggio volge al termine e la tua augusta Madre conversa senza posa con te lungo il cammino. Adora la tua divina maestà. Brama e teme insieme il momento in cui finalmente i suoi occhi ti contempleranno, quando si ritiene l'ultima delle creature?
    Sii benedetto, o Desiderato delle genti, nelle meraviglie della tua potenza e della tua bontà, o divino Re, e vieni presto a salvarci, ricordati che l'uomo ti è caro poiché l'hai formato con le tue stesse mani. Vieni, poiché l'opera tua è degenerata e la morte l'ha invasa: riprendila nelle tue potenti mani, rifalla, salvala, perché l'ami sempre e non arrossisci della tua creazione. (P. Guéranger)

23 Dicembre

O Emmanuele (Is 7,14), nostro re e legislatore, (Is 33,22)
attesa dei popoli e loro liberatore (Gn 49,10):
vieni a salvarci, o Signore nostro Dio!

 Riflessione sull'antifona “O Emmanuele, nostro re e legislatore …”

  1. «O Emmanuele»: è il nome del bambino annunciato da Isaia al re Acaz di Gerusalemme (Is 7,14). L’evangelista Matteo, raccontando l'annuncio a Giuseppe della nascita di Gesù, vede in essa il compimento proprio di quella profezia di Isaia (Mt 1,23). (M. Gilbert)
  2. In questo titolo esprimiamo la consapevolezza che Dio non è solamente l’Altissimo, ma anche colui che ci è vicino (Sal 118,151), il Dio creatore sempre presente che vigila sulle sue opere (Sal 11,25) e sul suo popolo (Es 19,4; Sal 45,8-12). Le grandi convinzioni di fede d’Israele hanno trovato compimento nella concezione del Figlio di Dio da parte di Maria (Mt 1,21; Lc 1,28.35). La sua è una presenza concreta, carnale, vivente di Dio in un uomo che è il suo stesso Verbo venuto ad abitare tra noi (Gv 1,14). Che il Natale ci comunichi una forza nuova, perché in questa festa dell’incarnazione, che segna l’inizio della divinizzazione dell’uomo, culmina il grande desiderio di una salvezza aperta a tutti, il grande desiderio di Dio offerto a tutti gli uomini che egli ama. Ecco che tu sei vita, tu sei salvezza, tu sei guarigione, tu sei immortalità, tu sei benedizione, tu sei luce …perché tu non trovi diletto in null’altro che nella salvezza degli uomini. (Gregorio di Narek; R. Gantoy e R. Swaeles)

24 Dicembre

Per Maria il tempo è compiuto:
partorirà il suo figlio primogenito. (Lc 2,6-7)

“Ero cras”, “Ci sarò domani”. Forse questa promessa in latino alla maggioranza dei credenti oggi non dice niente. Ma è una promessa molto antica, risalente ai tempi di Gregorio Magno, e nascosta tra le righe di sette antifone che tradizionalmente accompagnano, nell’ultima settimana di Avvento, il Magnificat ai vespri di rito romano. Un articolo su “La Civiltà Cattolica” del biblista padre Maurice Gilbert richiama dal passato la storia di questa promessa d’Avvento, a noi cristiani del Terzo millennio per lo più sconosciuta. Dunque il segreto delle “antifone maggiori”, dette anche “antifone O”, sta nella parola posta all’inizio di ciascuna di esse.

O Sapienza”, comincia la prima, e le successive: “O Adonai, O Radix, O Clavis, O Oriens, O Rex, O Emmanuel”. Germoglio, Chiave, Re, Emmanuele: tutte le antifone iniziano con un’invocazione a Cristo. Ma capovolgendo l’ordine delle parole e prendendo di ciascuna la lettera iniziale, emerge l’acronimo “Ero cras”, “Ci sarò domani”. Non è enigmistica. Ogni antifona è una sintesi di passi dell’Antico e Nuovo Testamento, un concentrato di fede cristiana che gli antichi fedeli ripetevano nella penombra dei vespri dell’Avvento, quando la notte calata sulle brevi giornate d’inverno, rischiarato solo da candele, evocava un’altra ombra, che incuteva timore.

Dalle buie sere che precedono il solstizio, dal colmo dell’oscurità, nelle chiese si invocava: Germoglio, Sapienza, Re, vieni a liberarci dalle tenebre. E nella quinta antifona, quella del 21 dicembre – giorno esatto del solstizio, in cui, toccato il vertice del buio, il sole comincia a risalire in cielo – si cantava: 

“O Oriens, splendor lucis aetenae et Sol Iustitiae:
veni et illumina sedentem in tenebris et umbra mortis”;
“O astro che sorgi, splendore di luce eterna e sole di giustizia:
vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra della morte”.

E infine, nascosta nelle iniziali delle prime parole delle antifone: Ero cras. Ci sarò domani, ci sarò sempre: nel fondo del buio, di generazione in generazione, il ripetersi di una promessa di luce.

Vieni, illumina le tenebre”, chiedevano. “Ci sarò domani, ci sarò sempre”, era la risposta già segretamente scritta nella domanda. 

(Marina Corradi - Avvenire)

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