Vangelo e Omelia XXIII Domenica del Tempo Ordinario

10 Settembre 2023

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Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 18,15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».


Questo è il famoso brano di Matteo sulla "correzione fraterna" e solitamente questo brano, se da una parte ci fa venire il prurito alle mani, perché vogliamo fare giustizia (noi abbiamo sempre da sistemare qualcosa negli altri! ci affascina la pagliuzza nell'occhio del fratello, della sorella, mentre siamo noncuranti della trave che è nel nostro), e quindi c'è tutto questo zelo, che non è evangelico!, di andare a correggere l'altro. E tante volte vai a vedere qual è la motivazione profonda: "mi dà fastidio". Mi dà fastidio, non mi lascia tranquillo! Io e la mia adorata serenità: devo stare tranquillo. In fondo, venire in chiesa, la fede tante volte è quella roba lì, che è una roba pagana! Il fratello invece mi deve inquietare, non mi deve lasciar tranquillo. Perché? Perché così io mi converto. Altrimenti mi sento arrivato e sono lì, spiaggiato ad aspettare chissà chi e chissà che cosa, quando la salvezza che abbiamo cantato all'inizio è già passata parecchie volte.


Ma dall'altra parte ci può essere un altro atteggiamento, che, devo confessarvi, a me ritorna tante volte, che è quello di chi dice: è impossibile fare la correzione al fratello, perché, in fondo in fondo, l'altro non mi ascolterà, anzi rischio di perderlo quel fratello, mi negherà la sua amicizia, la sua vicinanza, prenderà le distanze da me... quindi è meglio non dirgli nulla!
Allora, fratelli e sorelle, una cosa che ho capito in questi giorni, meditando questo brano, è che c'è un atteggiamento di fondo sbagliato: io non devo aggiustare nessuno, io non devo convertire nessuno, neanch'io che sono qui dal pulpito che predico; io devo testimoniare la mia fede in Gesù. Io devo semplicemente mostrare agli altri che sono felice, che godo di ogni giorno della mia vita: sono felice di stare al mondo come un bambino che sorride per ogni cosa che scopre. Ci ricordiamo sempre la frase che Papa Francesco cita sempre, riferendola a Benedetto XVI:

La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione.

Se tu sei bello, attiri. Se vivi una vita bella, questa parla! E questa è un po' l'interpretazione, lo dico subito perché me ne dimenticherò dopo sicuramente, che dà Francesco del brano di Ezechiele, che se l'abbiamo ascoltato è una frustata, perché ci viene detto: guarda che, se tu non ammonisci il tuo fratello, non lo correggi e lui si perde, Dio chiederà conto a te. Terribile. Terribile. Chi si salva?! Guardate che non si salva nessuno, eh? Francesco d'Assisi, stimolato su che interpretazione desse a questo brano (comunque Ezechiele poi lo riprende altrove), dice: io devo talmente testimoniare la mia relazione con Dio, l'amore che mi scoppia dentro che la mia condotta di vita diventa un rimprovero per l'altro, ovvero un richiamo: fratello, forse c'è una vita diversa un po’ più bella e che io provo a testimoniarti. D'altronde i martiri cosa sono, cosa vuol dire martiri? Testimone. E quindi capite che cambia tutto!

Allora l'altro non è colui che mi dà fastidio, l'altro è colui che mi fa grazia di convertirmi. E allora qual è il cuore di tutta la faccenda? Che io mi devo convertire. E io, se vengo in chiesa, non vengo al solito per timbrare un cartellino, per ossequiare al Comandamento (lo ripeto sempre perché vi deve entrare nella testa e nel cuore, dovete uscire veramente "storditi" da qui); io vengo qui per fare esperienza del Signore Gesù, che ancora una volta mi ama, mi salva, mi prende con sé così come sono! Gesù non ha nessuna pretesa su di noi, che cambiamo: Lui semplicemente ci ama, ci ama così come siamo, come noi non riusciamo ad amarci! E questo è stupendo. Allora sì, veniamo in chiesa di corsa, celebriamoli questi Sacramenti, leggiamolo questo benedetto Vangelo! E questo, fratelli e sorelle, a mio avviso, diventa la chiave di lettura di questo brano non semplice, cioè:

Io, per pensare di fare qualcosa per l'altro devo averlo a cuore. L'altro mi deve stare a cuore. Io devo bruciare dentro per il peccato dell'altro!

 

È come se in un eccesso di amore io brucio il peccato dell'altro. E allora sì, io sono inviato da Dio a fare qualcosa per il mio fratello; però se il fratello non mi sta a cuore, se il fratello io non lo amo, se non mi sta veramente a cuore la sua salvezza, stiamocene tranquilli nel nostro brodino a bagnomaria che va bene, evitiamo di fare danni! Perché capite che qui è una roba seria, non è semplicemente "tu mi dai fastidio!" L'altro è il mio fratello. E se io perdo mio fratello, perdo me in un certo senso, e quindi devo fare tutto quello che è nelle mie possibilità. E qui, in una sorta di casistica tipica giudaica, ci vengono suggeriti tre, o meglio, quattro passaggi, quindi vai tu, vai tu da solo per discrezione; perché noi solitamente cosa facciamo? E qui c'è la parola di Papa Francesco, quindi non è parola mia: noi non andiamo dall'altro con carità, con discrezione, a dirgli che c'è qualcosa nella sua vita che non va (e adesso capiremo che cosa può essere), ma noi di solito lo mettiamo in piazza! Wow! Sai? Sai? La mormorazione. Tante volte facciamo così: lo mettiamo sui giornali. Per il bene di chi? E quindi ecco qui c'è una discrezione. E poi questa discrezione continua, perché non vai lì con un plotone per fare l'esecuzione del fratello, ma vai lì con qualche altro fratello della comunità, cui sta a cuore la vita di quel fratello, perché in fondo è quello: la tua vita mi sta a cuore più della mia e io, per grazia di Dio, sono disposto a dare la mia vita perché tu possa avere vita. Così ha fatto Gesù. E quindi si va con un gruppettino, consapevoli che "dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro", e quindi Gesù è al suo seguito, al loro seguito. E poi, se proprio non ne veniamo a capo, lo diciamo alla comunità. Perché? Cosa c'è a rischio? L'appartenenza di questo fratello alla comunità. Perché? Perché questo fratello non vive da fratello e io devo dirglielo, perché non vivendo da fratello si taglia fuori. E quindi forse è il caso che poi, nel quarto passaggio, venga messo fuori dalla comunità, ma non per punizione, ma perché lui si ravveda. Perché lui, la questione è che non vive da fratello e nella comunità, o si è fratelli, o non si è comunità: e, se non si è fratelli, non si riconosce neanche la paternità di Dio. Capite che è qualcosa di drammatico in questione! Non è [una] questione "mi dà fastidio": te lo tieni quel fastidio! te lo tieni, che ti fa solo bene.

Facciamo un po' un approfondimento e come sempre ci diamo un tono di chi legge e studia un pochino anche la Scrittura.

Diversi codici che riportano questo brano del Vangelo, codici autorevoli, non minori, estromettono la parte finale del primo versetto: "contro di te". E quindi da qui si può dedurre che è una colpa che non riguarda te soltanto, ma è una colpa pubblica che riguarda la comunità, che impedisce a quella comunità, a quella Chiesa, di procedere nel suo cammino verso il Regno. E quindi, in un certo senso, quel fratello va portato alla ragione: bisogna aiutarlo perché apra gli occhi; bisogna, come conclusione finale, dirgli che lui non fa parte della comunità, ma non per punizione, fratelli e sorelle! Questa è una scoperta che ho fatto che, come al solito, mi ha dato una gioia infinita: quando nel quarto passaggio dice sia per te come un pagano o un pubblicano, non è la scomunica, fratelli e sorelle, come si può interpretare e magari come si è fatto nel corso dei secoli... Non è che tu lo scomunichi e dici: "sì, tu, maledetto da Dio, muori!" Ma tu lo consideri come un pagano o un pubblicano. Ma, ditemi un po', Gesù perché è venuto? Gesù con chi simpatizzava? Chi correva dietro a Gesù quando lo vedeva? I pagani e pubblicani. Quindi quel fratello lì, spero che siano chiari tutti i vari passaggi che ho fatto, è da amare ancora di più. Però, per amore della verità, bisogna dire come stanno le cose. Però questa verità nella carità. Quindi quel fratello va amato di più e va accolto così com'è, anche se non vuole cambiare. E il mio amore, attraverso questi passaggi, è l'amore della comunità che lo guadagnerà, come dice il testo. E quindi capite che, fratelli e sorelle, qui voliamo alto, mica siamo qui ad annoiarci di una celebrazione o a sentirci appesantiti di quello che ci dice la Santa Madre Chiesa: qui c'è una Vita alta che ci viene proposta! E in questo modo noi diventiamo sempre di più fratelli e sorelle.

E ci chiediamo: quanto io sento tutto questo? Quanto mi sento parte della comunità cristiana? Quanto mi sta a cuore la vita del fratello e della sorella? Quanto prendo occasione dal peccato degli altri per convertirmi, per implorare misericordia? Quanto intercedo per loro nella preghiera invece di gettare fango come facciamo tutti, me per primo? Quindi lode al Signore che oggi ci ha dato questo brano e poi domenica prossima leggeremo il seguito, altrettanto interessante anche quello. E quindi, in un attimo di silenzio, adesso veramente chiediamo al Signore che ci illumini per non solo comprendere, non solo accogliere, ma vivere questa parola, come ogni parola che il Signore ogni giorno attraverso la Santa Chiesa generosamente ci dona.

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