VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso

Lectio VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Il brano di vangelo di questa VII Domenica del T.O. è la continuazione di quella precedente. È evidente un restringimento di campo per quanto riguarda i destinatari, infatti mentre le beatitudini e i guai erano indirizzati ai discepoli, il messaggio dell’amore ai nemici riguarda i discepoli che ascoltano. Se il vangelo di Domenica scorsa ci poteva sembrare esigente, quello di questa ci apparirà radicale e di difficile attuazione nella nostra vita. Ovviamente non bisogna perdere di vista l’attacco iniziale che ci permette di contestualizzare il successivo contenuto; infatti se non entriamo in comunione con il Maestro attraverso l’ascolto della Parola, sarà impossibile praticare quanto ci viene comandato.

Invochiamo l’aiuto della Santissima Trinità per ascoltare con le orecchie del cuore quanto il vangelo desidera comunicarci.

Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio,
concedi a noi miseri di fare, per tuo amore, 
ciò che sappiamo che tu vuoi, 
e di volere sempre ciò che a te piace,
affinché interiormente purificati,
interiormente illuminati e 
accesi dal fuoco dello Spirito Santo,
possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto,
il Signore nostro Gesù Cristo,
e con l’aiuto della tua grazia giungere a te, o Altissimo, 
che nella Trinità perfetta e nell’Unità semplice
vivi e regni e sei glorificato, 
Dio Onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

Una splendida introduzione al vangelo che fra poco ascolteremo ci viene fornita dalla prima lettura, dove Davide perseguitato da Saul sceglie di non vendicarsi, in quanto è convinto di questo: “Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?”. Egli fa un gesto di grande misericordia nei confronti di Saul, perché confida nella giustizia del Signore; ha piena fiducia che Dio guida i suoi passi e tesse le complesse trame della storia degli uomini e con la sua mano provvidente impedisce al male di prevalere. Davide è convinto che il Signore custodisce il suo servo e, attraverso alterne vicende a volte incomprensibili, guida coloro che si affidano a Lui ad amare ognuno e ciascuno, nella certezza che questa è la nostra comune vocazione. Solo così saremo somiglianti a Dio, il cui nome è misericordia.

Con questo atteggiamento di apertura del cuore ci accingiamo ad ascoltare il Vangelo nella certezza che il Signore Gesù, il quale ha vissuto quanto ci annuncia, ci tenga stretti a sé per farci vivere questa esigente pagina evangelica.

27 Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28 benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. 

29 A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l'altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30 Da' a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. 31 E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 

32 Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33 E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34 E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35 Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell'Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

36 Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. 37 Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38 Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio".

Il Brano si presenta collegato all’ultima beatitudine e all’ultimo guai. La struttura è la seguente: prima il superamento della legge del taglione (vv. 27-31), poi segue l’invito alla carità sul modello di Dio (vv. 32-36), il tutto si chiude con una sollecitazione a non giudicare (vv. 37-38). Tutto il brano confluisce in due conclusioni: nella prima, che possiamo chiamare antropologica (v. 31), è definita come norma di condotta la ricerca del proprio bene: E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Nella seconda, di carattere teologico, la stessa realtà di Dio si trasforma nel modello decisivo: Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso (v. 36).

Inoltre, si riconosce in questo brano una composizione stilisticamente impeccabile, con perfetto equilibrio degli elementi, con inclusioni letterarie e con finezza poetica. È un segno, piccolo ma significativo, dell’abilità con cui Luca sa trattare il materiale che la tradizione evangelica gli ha messo a disposizione.

Ma a voi che ascoltate, io dico

 I discepoli seguendo il Signore Gesù imparano ad ascoltare la Parola per entrare sempre più nella logica del Regno. Il Maestro accompagna i discepoli verso un ascolto attivo della voce del Padre che desidera donare il suo amore gratuito e disinteressato. È un cammino che procede a tappe e non deve perdere di vista il volto del Maestro, il quale svela gradualmente il cuore dell’Evangelo: diventare misericordiosi come il Padre.

 amate i vostri nemici

 L’amore del prossimo si impone al cristiano con il massimo grado di obbligatorietà. La legge del taglione (cfr. Es 21,24; Mt 5,38) è definitivamente superata, anzi sostituita con la legge del perdono fino al rinnegamento di sé, fino al totale dono di sé agli altri. A un crescendo di ostilità corrisponde un crescendo di amore. Qui non viene proposto soltanto un generico sentimento di benevolenza comprensiva, ma un amore pratico, operativo, che ha il suo test di sincerità nella preghiera, davanti a Dio, dove non è possibile mentire, far finta di amare. Questo amore non viene meno neppure di fronte alla palese ingiustizia che approfitta della bontà e remissività del discepolo. L’insulto personale, lo schiaffo, l’ingiustizia e il sopruso, la violenza ingiusta, come la rapina e il raggiro fraudolento, non smuovono il discepolo dalla ferma risoluzione di un amore fedele. 

Non solo gli amici (si tratterebbe di uno scambio commerciale), ma anche i nemici devono essere oggetto dell’amore cristiano: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

Di fronte a questo ideale evangelico si può restare ammirati, ma nello stesso tempo sconcertati e dubbiosi. Sorge il sospetto che si tratti di una raccolta di massime morali per suggerire buoni sentimenti, ma non di un orientamento realistico per la vita quotidiana immersa nelle tensioni e lacerata dai conflitti. Solo un amore fedele, creativo di nuovi rapporti, che sorprende l’avversario, spezza la spirale della violenza, elimina fin dalle radici l’ingiustizia dei rapporti umani. Nella decisione di amore universale, gratuito e disinteressato, non è più l’egoismo il criterio o il metro dei rapporti con gli altri, ma la solidarietà che porta alla piena partecipazione e identificazione con la necessità degli altri.

È questa mentalità, questa logica diversa che dà un significato profondo e nuovo all’antica “regola d’oro” dei rapporti di convivenza, regola ispirata al buon senso:

 E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 

 Questo principio si trova nella forma negativa in Confucio, in Filone di Alessandria: “Le cose che temi di sopportare non farle”; oppure in alcuni testi giudaici: “Non fare al prossimo tuo ciò che è odioso a te; questa è tutta la legge. Il resto è solo spiegazione” (rabbino Hillel). Gesù ha preso questa “regola d’oro” dal suo ambiente giudaico e le ha dato una forma positiva alla luce del contenuto nuovo dell’amore fraterno.

Se amate quelli che vi amano… E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi… E se prestate a coloro da cui sperate ricevere… quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori

Queste parole contengono chiaro l’invito a liberare ogni nostro gesto filantropico dal calcolo umano, da un malcelato egoismo, da un banale commercialismo (cfr. 14,12-14: Sulla scelta degli invitati). Anche nei più semplici rapporti umani è possibile inserire un autentico spirito evangelico, che può esprimersi anche in modo eroico: è quanto emerge dalla frase senza sperarne nulla, che si riferisce alla perdita del capitale e non solo al condono degli interessi.

Con tre brevi domande, che riprendono i temi della sezione precedente, amare, fare del bene e dare in prestito, viene illustrato l’amore gratuito, un amore che supera la cerchia della solidarietà interessata, quella che contraddistingue la logica dell’amore tra peccatori. L’amore del discepolo manifesta la gratuità, la quale ha la sua fonte nell’amore fedele e creativo di Dio. 

e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell'Altissimo

La ricompensa di cui qui si parla non ha nulla di giuridico (cfr. 17,7-10: Il servitore che ha fatto soltanto il suo dovere), tuttavia sta in stretto rapporto con i gradi di servizio che esprimiamo (cfr. 19,17.19: Il premio ai servi fedeli; 22,29s: Promessa ai Dodici del regno) ed ha la sua ultima fonte nella benevolenza divina. Si capisce così il passaggio dalla ricompensa all’essere figli dell’Altissimo: qui Gesù invita i suoi discepoli a realizzare nel loro comportamento etico il significato profondo del loro rapporto filiale con Dio. Vivere in modo conforme a ciò che siamo! Questo è l’invito di Gesù, cui è legata una promessa: domani sarete in pienezza ciò che oggi cercate di realizzare: figli di Dio! Ma questa figliolanza è, ad un tempo, dono gratuito di Dio e realtà che si esprime mediante il pentimento, la fede in Gesù e le buone opere. La parola di Gesù sull’amore, prima di essere una teoria o un dovere, è un dono, una reale possibilità di amare come ama il Padre:

 Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso

L’amore umano ha la sua fonte e il suo modello nell’amore di Dio. Un amore che concretamente, di fronte alle miserie e alle deficienze umane, si traduce in misericordia, che vuol dire accoglienza, benignità, dare credito e fiducia. È questa la caratteristica biblica dell’amore di Dio, un amore che riparte sempre da capo, che ripropone la sua fedeltà tenace, che accoglie e protegge i deboli (Cfr. Es 33,19; 34,6). Con la formula Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso, Luca conserva il tenore originale dell’insegnamento di Gesù, tradotto da Matteo con la nota sentenza: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (5,48). La perfezione non è altro che un modo di amare sullo stile e con la forza del Padre, quello stile e quella forza che Gesù rivela e comunica ai discepoli.  

Un ideale tanto grande non può trovare una giustificazione solo umana, ma è sostenuto da una prospettiva escatologica (che guarda al destino definitivo e finale delle persone e del creato). Per poter entrare in comunione con Dio, il Padre, che si donerà a noi quali suoi figli, è necessario imparare fin d’ora a donare, anzi a donarsi completamente agli altri. È questo il significato ovvio del v. 36: se Dio è il modello dell’amore nostro, allora bisogna dire che la misura di amare per un cristiano è quella di amare senza misura. 

 Non giudicate…Non condannate… Perdonate… 

 All’interno della comunità la misericordia, come accoglienza e perdono fraterno, trova spazio per dilatarsi. Tre piccole sentenze definiscono questi rapporti nuovi: non giudicare vuol dire non condannare, non condannare vuol dire dare credito al fratello che sbaglia, puntare sul suo futuro e sulle sue possibilità di cambiamento e di novità. Ma se il metro del perdono è la misericordia di Dio, il futuro e il credito da dare al fratello sono senza limiti. Ancora una volta la maniera di comportarsi di Dio diventa modello per la nostra imitazione e oggetto della nostra speranza. Qui è forte il riferimento al modo col quale Dio-giudice esalterà la sua misericordia: una misuratraboccante. L’immagine della misura sottolinea la corrispondenza tra la propria generosità e quella di Dio. Non in una prospettiva di computo commerciale, ma in quella del dono che non ha proporzione. La nuova regola d’oro che ispira i rapporti tra i discepoli suppone la nuova solidarietà di Dio con il destino umano. Allora la misura dell’amore verso il fratello stabilisce anche quella della propria fedeltà a Dio.

Uno sguardo sinottico, a proposito dell’affermazione di Gesù contenuta nel v. 38b, ci permette di rilevare che il diverso contesto porta ad un diverso significato: Matteo infatti riferisce la frase di Gesù alla condanna per coloro che criticano il prossimo (Mt 7,2b: La pagliuzza e la trave), Marco alla conoscenza del mistero del regno (Mc 4,24: La lampada e la misura), Luca infine alla ricompensa per coloro che usano misericordia.

A conclusione possiamo dire che la proposta del Vangelo di questa Domenica consiste nell’invito a dare la vita per gli altri. Il Padre di Gesù ama gli uomini fino a dare il proprio Figlio nel tentativo di salvarli dalla presunzione di salvarsi da soli. L’amore per il nemico diventa un dato altro che marginale, in quanto è il senso e il centro dell’amore dei cristiani. Solo quando si dà senza attendere una ricompensa, quando si ama senza che l’altro lo meriti, quando si perde perché l’altro ci guadagni, solo allora si è giunti al mistero dell’amore che ci insegna e ci offre il Cristo.

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