Amare i nostri fino alla fine 

Con la supponenza di chi crede di sapere già tutto, stamattina mi sono approcciato alla lettura della parola del giorno, conscio di sapere già quello che il Vangelo mi avrebbe rivelato. Ma si sa, Dio ha talmente cura e amore per i suoi figli che non bada all’ego ed ai limiti che affliggono quest’ultimi, superando ed oltrepassando, come amorevolmente fa un papà, quegli scogli posti dalle nostre debolezze che altrimenti ci impedirebbero di ricevere grazia e percepire i segni della Sua presenza. Ed infatti Dio, noncurante della mia alterigia, mi ha reso la grazia di comprendere alcuni punti sui quali non mi ero ancora soffermato. 

Leggendo i passi “sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” e “sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava (...) cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto”, ho riflettuto sul modo in cui ogni cristiano è chiamato a pensare e di conseguenza vivere la morte. È vero, è duro pensare alla fine della nostra esistenza, proprio perché, nonostante l’incrollabile fede nella resurrezione, i nostri limiti prevalgono quasi sempre sulle nostre virtù.  E proprio per questo il Signore ci indica, in questo passo di Vangelo, come vivere quegli istanti: ricordarci che è giunta l’ora di passare non da questo mondo alla penombra, all’incertezza ed allo smarrimento, bensì unicamente al Padre e, dunque, alla vita vera. Non c’è alcun dubbio: se abbiamo fede in Cristo, dobbiamo anche aver fede e fissarci bene in mente che la morte non è mai la fine, la parola ultima che pone il termine alla nostra esistenza, ma il transito da questo mondo a Dio.  

Come dicevo, pensare alla morte ci induce quasi sempre alla depressione ed alla paura invalidante, tanto da farci proclamare le sentite e risentite parole: “meglio non pensarci alla morte, quando arriverà il momento si vedrà!”. Ma è davvero il nostro bene non pensarci? È davvero un bene giungere agli ultimi momenti di vita affidando tutto al caso e lasciando che le cose si evolvano senza la nostra volontà? Non è invece bene prepararsi a dovere, rendersi belli e presentabili, proprio come faremmo qualora dovessimo incontrare delle persone a noi care, oppure un amante al quale vogliamo renderci i più piacenti possibili? E invece no, a questo, preferiamo gettare nell’incertezza l’Incontro degli incontri, finendo altresì per rischiare di presentarci a Dio sporchi e logori. Ma come detto, Dio non si cura dei nostri limiti, intervenendo anche in questo caso e spiegandoci come comportarci e vivere gli istanti prima di giungere all’incontro con Lui: consapevolizzare nel nostro cuore che tutto quello che abbiamo avuto, vissuto e ricevuto è stato unicamente un Suo dono (sapendo che il padre gli aveva dato tutto) invitandoci nel contempo a gettare uno sguardo di bellezza e di gratitudine sulla nostra vita trascorsa; comprendere che da Dio giungiamo e ad Egli ritorniamo; e infine, proprio come a suggellare la nostra esistenza, amare i “nostri” fino alla fine.  

Ma cosa vuol dire esattamente “amare i nostri fino alla fine”? Credo che con queste parole il Signore volesse dirci: abbandona ogni pensiero d’odio, di rivalsa e di rancore che serbi verso i tuoi; riconciliati al mondo, al prossimo, a chi ti ha amato e si preso cura di te, così come a chi ti ha ferito, deriso e deluso, “lasciandoti consumare fino all’ultimo istante dall’amore, proprio come una candela si lascia consumare fino alla fine dal fuoco che la anima” (Chiara Corbella Petrillo). E, poiché “Gesù sa bene che i gesti rimangono impressi più delle parole” e che “quel suo inginocchiarsi a lavare i piedi è più incandescente di ogni spiegazione” (L. M. Epicoco), ecco che questi ci spiega fattivamente il comportamento da assumere: lavare i piedi del nostro prossimo. 

Infatti, lavare i piedi e ciò che vi è deposto sotto, significa anche perdonare l’altro totalmente -  liberandolo cioè da quella terra e da quella sozzura che la vita ed alcune scelte sbagliate lo ha portato ad accumulare nel tempo - rendendolo puro e mondo, permettendo così che questi sperimenti quei sentimenti di perdono, misericordia e riconciliazione che tanto cerca pur senza saperlo. Per questo, quando Pietro dice a Gesù “Signore, tu lavi i piedi a me? (…) Tu non mi laverai i piedi in eterno!”, il Signore risponde con fermezza “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci. Se non ti laverò, non avrai parte con me (…). Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro”.  

Concludo con la preghiera di affidamento ed abbandono a cui sono più legato, che mi auguro possa tornarvi utile nei momenti di fatica, di difficoltà e di speranza: 

Guidami tu, luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, 
sii tu a condurmi! 

La notte è oscura e sono lontano da casa, 
sii tu a condurmi! 

Sostieni i miei piedi vacillanti: 
io non chiedo di vedere ciò che mi attende all’orizzonte, 
un passo solo mi sarà sufficiente. 

Non mi sono mai sentito come mi sento ora, né ho pregato che fossi tu a condurmi. 

Amavo scegliere e scrutare il mio cammino; 
ma ora sii tu a condurmi! 

Amavo il giorno abbagliante, e malgrado la paura, 
il mio cuore era schiavo dell’orgoglio: 
non ricordare gli anni ormai passati. 

Così a lungo la tua forza mi ha benedetto, e certo 
mi condurrà ancora, 
landa dopo landa, palude dopo palude, 
oltre rupi e torrenti, finché la notte scemerà; 
e con l’apparire del mattino 
rivedrò il sorriso di quei volti angelici 
che da tanto tempo amo e per poco avevo perduto. 

 

Marco 

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