L'Ecologia integrale di Frate Francesco

Dallo Specchio di perfezione (113: FF1813)

«Tutto assorbito nell'amore di Dio, Francesco scorgeva perfettamente la bontà di Dio non solo nell'anima già splendente di ogni perfezione di virtù, ma anche in ogni creatura. E per questo si volgeva con singolare caldo affetto alle creature, particolarmente a quelle in cui vedeva la traccia di una qualità di Dio o di qualcosa che aveva attinenza con la vita religiosa»

Francesco considera il «creato» come una «scala per salire ad afferrare Colui che è tutto desiderabile (Ct 5,16 Vg.)» (LegM 9,1: FF1162; Spec 113: FF1813).

Tutta la realtà terrestre appare al suo sguardo come una immensa sinfonia d’amore, come uno spettacolo eloquente e mirabile, che rivela Gesù Cristo il fratello «primogenito di ogni creatura» (Col 1,15).

In questa prospettiva religiosa, la natura diviene trasparente al divino, permettendo all’uomo riconciliato di pervenire in essa alla visione del Signore.

Ma oltre ad essere una prospettiva religiosa, o forse prima ancora di esserlo, questa visione è ciò che fa comprendere il senso di tutto ciò che è.

L’esperienza spirituale di frate Francesco d’Assisi ci mostra che tutto è connesso, tutto è in relazione, in profonda unità: Dio, gli altri, la natura, se stesso.

Ecologia integrale

L’ecologia integrale non è innanzi tutto una nozione da apprendere, ma uno strumento per leggere la realtà e per intervenire nella società nell’ottica della promozione della giustizia.

Con “ecologia integrale”, in sintesi, si intende che «tutto è in relazione», «tutto è collegato», «tutto è connesso» (cfr. Laudato si’, Papa Francesco). In questo quadro il termine ecologia viene inteso non come una generica preoccupazione “verde”, ma come un approccio adeguato a un sistema complesso, la cui comprensione richiede di mettere in primo piano le relazioni di ciascuna delle singole parti con le altre e con il tutto. Il riferimento è l’immagine dell’ecosistema.

«la crisi ecologica è un emergere o una manifestazione esterna della crisi etica, culturale e spirituale della modernità»

Dialogo tra discipline

Laudato Si' (n. 191)

Abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi

L’ecologia integrale di frate Francesco ci mostra in particolare come non si può mai separare il grido della terra e il grido dei poveri. Interrogarsi sulla creazione è sempre anche interrogarsi sul senso e sul fine dell’uomo dentro e con essa, sul suo agire responsabile o meno, per cui accanto a un’ecologia ambientale serve un’ecologia umana

Fraternità e paternità

La fraternità che lega Francesco a tutta la creazione è fondata sul senso vivissimo della paternità di Dio. Tutti siamo creature nelle mani di un Creatore.

Il giardino delle erbe incolte

Francesco opera una lettura simbolica della realtà: questa non è semplicemente ciò che appare, ma un mistero da contemplare. Fondamentale è il passaggio dal “vedere” al “vedere e credere”, per giungere ad uno sguardo contemplativo, capace di cogliere la creazione come dono: tutto è carezza di Dio (papa Francesco)!

Dala Vita seconda di Tommaso da Celano (CXXIV, 165 : FF750)

Desiderando questo felice viandante uscire presto dal mondo, come da un esilio di passaggio, trovava non piccolo aiuto nelle cose che sono nel mondo stesso. Infatti, si serviva di esso come di un campo di battaglia contro le potenze delle tenebre, e nei riguardi di Dio come di uno specchio tersissimo della sua bontà. In ogni opera loda l'Artefice; tutto ciò che trova nelle creature lo riferisce al Creatore. Esulta di gioia in tutte le opere delle mani del Signore, e attraverso questa visione letificante intuisce la causa e la ragione che le vivifica. Nelle cose belle riconosce la Bellezza Somma, e da tutto ciò che per lui è buono sale un grido: «Chi ci ha creati è infinitamente buono». Attraverso le orme impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala di ogni cosa per giungere al suo trono. Abbraccia tutti gli esseri creati con un amore e una devozione quale non si è mai udita, parlando loro del Signore ed esortandoli alla sua lode. Ha riguardo per le lucerne, lampade e candele, e non vuole spegnerne di sua mano lo splendore, simbolo della Luce eterna. Cammina con riverenza sulle pietre, per riguardo a colui, che è detto Pietra. E dovendo recitare il versetto, che dice: Sulla pietra mi hai innalzato, muta così le parole per maggiore rispetto: «Sotto i piedi della Pietra tu mi hai innalzato». Quando i frati tagliano legna, proibisce loro di recidere del tutto l'albero, perché possa gettare nuovi germogli. E ordina che l'ortolano lasci incolti i confini attorno all'orto, affinché a suo tempo il verde delle erbe e lo splendore dei fiori cantino quanto è bello il Padre di tutto il creato. Vuole pure che nell'orto un’aiuola sia riservata alle erbe odorose e che producono fiori, perché richiamino a chi li osserva il ricordo della soavità eterna. Raccoglie perfino dalla strada i piccoli vermi, perché non siano calpestati, e alle api vuole che si somministri del miele e ottimo vino, affinché non muoiano di inedia nel rigore dell'inverno. Chiama col nome di fratello tutti gli animali, quantunque in ogni specie prediliga quelli mansueti. Ma chi potrebbe esporre ogni cosa? Quella Bontà «fontale», che un giorno sarà tutto in tutti, a questo Santo appariva chiaramente fin d'allora come il tutto in tutte le cose

«(Francesco) ordina che l’ortolano lasci incolti i confini attorno all’orto, affinché a suo tempo il verde delle erbe e lo splendore dei fiori cantino quanto è bello il Padre di tutto in creato». È il canto del primato del bello/gratutito (otium) sull’utile/profitto (negotium)! L’invito è a custodire dentro di noi una parte di orto non coltivata, non governata secondo la regola del risultato e dell’efficienza (etica), ma aperta alla contemplazione intesa come gusto e pratica della bellezza (estetica)!

Senza nulla di proprio

Nello stile di Francesco troviamo una via percorribile: il sine proprio. Egli, avendo riconosciuto che tutto è dono, sceglie di assumere l’atteggiamento di chi costantemente riceve questo dono, di chi continuamente ha bisogno. Seguendo Cristo, sceglie il sine proprio come condizione di libertà per vivere senza accaparrare, usando dei beni senza appropriarsene, godendo della bellezza di ciò che esiste senza cedere all’istinto di impadronirsene. Così si costruisce un’autentica fraternità e si giunge alla gioia.

Il Cantico di Frate Sole

Il Cantico non è una semplice espressione naturale di ammirazione per la bellezza della natura, da cui far scaturire un atteggiamento in favore della sua difesa. Al centro del Cantico non ci sono le creature, ma Dio, come si evince dal suo incipit: «Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione...». Le cose non sono Dio. Non c’è alcuna ombra di panteismo. La realtà creata è fonte di lode a Dio, perché «de Te, Altissimo, porta significatione».

Cantico di Frate Sole (FF263)

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedizione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfane,
e nullu homo ène dignu Te mentovare.

Laudato sie, mi' Signore, cum tutte le Tue creature,
spezialmente messor lo frate Sole,
lo quale è iorno et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significazione.
Laudato si', mi' Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite e preziose e belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
e per aere e nubilo e sereno et onne tempo,
per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.

Laudato si', mi' Signore, per sor'Acqua,
la quale è multo utile et humile e preziosa e casta.
Laudato si', mi' Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la notte:
et ello è bello e iocundo e robustoso e forte.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta e governa,
e produce diversi frutti con coloriti flori et herba.

Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli ke 'l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po' skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.

Laudate e benedicete mi' Signore e rengraziate
e serviateli cum grande humilitate.

Contesto storico-esistenziale.

Francesco scrive il Cantico due anni prima della morte, quando è ormai segnato nel corpo da una grave malattia agli occhi che gli rende assai dolorosa la sola vista della luce. Come può lodare Dio per il sole, la luna e le stelle, se ormai non ha più la possibilità di vederle? Il modo con cui Francesco percepisce il reale è frutto del suo “dramma” con Dio: egli scrive questo testo dopo aver ricevuto le stigmate sul monte della Verna. Solo allora, immedesimato con Cristo redentore, guarda in modo nuovo l’opera del Padre creatore e riconosce la positività ultima di tutte le cose. Francesco non esalta una realtà ideale, ma riconosce che tutto è positivo perché tutto è in Cristo segno di Dio, «tutto in Lui sussiste». In Francesco troviamo ben di più di un ambientalista; troviamo espressa la coscienza dell’uomo redento di fronte alla realtà.

La strofa del perdono

Laudato Si' (n. 91)

Non è un caso che, nel cantico in cui loda Dio per le creature, san Francesco aggiunga: «Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore». Tutto è collegato. Per questo si richiede una preoccupazione per l’ambiente unita al sincero amore per gli esseri umani e un costante impegno riguardo ai problemi della società.

Perché Francesco, dopo aver elencato tutte le creature, inserisce una strofa sull’uomo che perdona, che sostiene infermità, e addirittura canta la morte come sorella? Il Cantico è un formidabile esempio di ecologia integrale: unisce mirabilmente il grido della terra (la voce della creature) e il grido dei poveri (la voce dell’uomo, l’uomo nella sua capacità di amare - laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore - e nella sua condizione di limite - sostengo infirmitate et tribulatione -, di cui la morte rappresenta l’esito estremo - laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale. La vita che loda Dio è proprio quella reale, segnata dal limite! Questo amore per la vita reale è possibile solo per chi ha incontrato Cristo. La morte appare come la “sorella” che rende definitivamente evidente ciò che nella vita ormai è già iniziato, l’eterno nel tempo.

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