Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo. (Gv 2,13-25)

Relazioni autentiche per la vita

La Quaresima è un tempo in cui, attraverso la parola di Dio e tutta la liturgia, abbiamo modo di ripercorrere un cammino catecumenale, ossia quel percorso che conducono coloro che si dirigono ad essere rigenerati in Cristo attraverso il Battesimo. Anche per chi il Battesimo lo ha ricevuto, questi quaranta giorni sono tempo favorevole per rinnovare la consapevolezza della “trasformazione” che la vita nuova in Cristo, comporta in noi e nella nostra realtà. Le letture di questa domenica, ci parlano esattamente di questa dimensione di risorti in quanto rinati dalle acque del Battesimo.

La prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo (Es 20, 1-17), presenta il dono della legge che Dio dà al suo popolo attraverso le dieci parole. Questi comandamenti, se li ascoltiamo con attenzione, comprendiamo che non sono il prodotto di un Dio dispotico o paternalista, ma un'esigenza per la nostra vita. Infatti nella loro formulazione parallela che troviamo nel libro del Deuteronomio, è premesso che queste parole sono perché noi viviamo ed entriamo in possesso della terra che il Signore ha promesso (cfr. Dt 4,1). Questa promessa di vita in pienezza nasce dalla «follia di Dio», cioè dal suo disegno d’amore, così come ci ricorda la seconda lettura (1Cor 1,22-25). ù

Possiamo allora comprendere ciò che ha spinto Gesù ad avere questo suo moto di vera rabbia, come ascoltiamo dal Vangelo della purificazione del Tempio. Questo episodio, è narrato da tutti i vangeli, ma Giovanni, a differenza di Matteo, Marco e Luca, lo colloca all’inizio del suo racconto. Nel quarto vangelo, la “purificazione del tempio” avviene come secondo segno di Gesù subito dopo il segno delle nozze di Cana. Ed esattamente, il gesto di Gesù che intreccia delle cordicelle per fare una frusta, per cacciare tutti fuori del tempio e rovesciare i banchi dei cambiamonete e dei venditori, va interpretato come un segno.

Sappiamo che nel cortile del tempio,dove avviene la scena, si trovavano lecitamente, sia i venditori di pecore, buoi e colombe, sia i cambiamonete. Anzi era necessaria la loro presenza. Chi andava al tempio per offrire dei sacrifici - magari anche provenendo da lontano - non poteva trasportare lì gli animali da offrire (soprattutto se teniamo conto del riposo del sabato). E quegli animali per le offerte, non potevano essere acquistati con la moneta corrente, romana, che portava l'effigie dell’Imperatore. Perciò, la necessità di cambiare la valuta.

Quindi, l’ira di Gesù, non è scatenata dal mercato in sé. Il segno compiuto da Gesù è una citazione di quei segni dei profeti che criticavano aspramente ogni forma di religiosità che serviva - e serve - a coprire ogni sorta di ingiustizia, soprattutto quella tesa ad escludere i poveri e gli emarginati. Il profeta Geremia attacca coloro che confidano nel tempio ma non praticano la giustizia, gli uni verso gli altri, opprimono lo straniero, l’orfano e la vedova, rubano, uccidono, commettono adulterio, giurano  il falso e bruciano incenso agli idoli (Ger 7).

L’evangelista poi, cercando di interpretare la motivazione al gesto di Gesù, cita il Salmo 69 riprendendone il versetto 10 ma con una modifica. Nel testo di Giovanni viene riportato che i discepoli si ricordarono che sta scritto: «lo zelo per la tua casa mi divorerà». Il Salmo non usa un tempo verbale al futuro ma al presente, «lo zelo per la tua casa mi divora», e aggiunge «l’oltraggio dei tuoi persecutori ricade su di me». Questo cambio di tempo del verbo dal presente al futuro, ci fa leggere il segno di Gesù come un segno profetico che annuncia la sua Passione. 

Lo zelo che divora Gesù, è quello che hanno sperimentato e sperimentano tutti i profeti. Ricordiamo lo zelo di Elia (1Re 19,10), che lo conduce all’esclusione e alla persecuzione. Con la differenza che se per Elia questo zelo lo ha portato alla distruzione degli avversari, come i quattrocentocinquanta profeti di Baal sterminati sul monte Carmelo, per Gesù questo zelo pone lui stesso, nella sua carne, al centro di questo percorso.

Gesù si annuncia come il nuovo vero tempio. La ricostruzione che lui annuncia, è la ricostruzione di una relazione nuova con Dio. Una relazione vera, non più fatta di mercanteggiamenti e commerci che tentano di favorire nostri interessi personali.

Questa relazione nuova con Dio, possiamo ricostruirla a partire dal ripristinare relazioni di autentica fraternità tra di noi.


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