III DOMENICA DI PASQUA – ANNO C

«Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce»

Lectio divina sulla Parola III DOMENICA DI PASQUA – ANNO C

Il vangelo proclamato nella III domenica di Pasqua è tratto dal capitolo 21 di Giovanni. Si è soliti considerare questo capitolo come una sorta di appendice al vangelo, concluso con il capitolo 20 che terminava dicendo:

«Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv 20, 30-31).

Non si può negare che questi versetti costituiscano una conclusione, ma possiamo domandarci se si tratta della conclusione dell’intera opera o di una sua parte. 

Come il prologo (1,1-18) forma un’unità a parte, che precede la narrazione degli avvenimenti riguardanti Gesù (1,19ss), così anche al termine della narrazione della sua attività si trova un ‘altra unità, il cap. 21, in cui si descrive (un po’ come fa Lc con gli Atti degli apostoli) il rapporto tra i discepoli e il Risorto.

Il testo che ci propone la liturgia è piuttosto lungo ed è composta da due pericopi:

  • vv. 1-14: la pesca miracolosa a seguito dell’apparizione del Risorto a sette discepoli che erano tornati a pescare;
  • vv. 15-19 (23): La sequela di Pietro

Il capitolo poi comprende anche delle annotazioni conclusive (vv. 24-25).

È un testo molto lungo e preferiamo leggere e approfondire solo la prima parte, quella proposta anche come forma breve nella liturgia della Parola.

Ascoltiamo, in questo vangelo, dell’ultima apparizione di Gesù ai discepoli nel racconto di Giovanni. Dopo essere apparso per due volte – sempre secondo il quarto Vangelo – a Gerusalemme, ora ci troviamo in Galilea, lì dove coloro che hanno vissuto il dramma della Passione devono tornare, dove tutto era iniziato.


Gettando uno sguardo agli altri vangeli, in Marco (la fonte più antica), un angelo aveva detto: «Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto» (Mc 16,7). Gesù stesso aveva fatto una promessa, durante l’ultima cena: «Tutti rimarrete scandalizzati (…). Dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea» (Mc 14,27-28). La Galilea è il luogo dove tutto aveva avuto inizio, e da lì si può ripartire per “rileggere” tutto da una nuova prospettiva, quella data dalla risurrezione di Gesù.

Esaminiamo il brano

v. 1 

Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così

Fra quanto narrato nel capitolo precedente e quanto segue vi è un periodo di tempo indeterminato.

Si descrive il luogo dicendo che ci si trova nei pressi del mare di Tiberiade. Sappiamo che questo mare (lago) veniva chiamato di Tiberiade o di Galilea, una duplice denominazione, una di risonanza pagana (Tiberiade era da poco la capitale della Galilea ed era stata costruita in onore dell’imperatore Tiberio), l’altra di origine giudaica. Giovanni, chiamando il mare con la denominazione pagana, colloca questo episodio in tale condizione (non religiosa).

«E si manifestò così»: ἐφανέρωσεν δὲ οὕτως (ephanerōsen de houtōs), si manifestò in questo modo. Questa precisazione, indica che la manifestazione che avvenne su questo mare ha caratteristiche particolari rispetto alle due precedenti. Di fatto il luogo è diverso, non si verificherà a porte chiuse, ma all’aria aperta mentre i discepoli sono dediti alla loro attività.

Questa apparizione, in contrasto con le due precedenti, non viene collocata in un giorno preciso («il primo giorno della settimana», 20,19; «otto giorni dopo», 20,26). 

v. 2 

si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli.

Gesù appare ai discepoli i quali stavano insieme e sono sette e ci viene dato un elenco di nomi. Per primo si nomina Simon Pietro, che sarà la figura centrale di questo episodio. Era stato nominato per l’ultima volta al Sepolcro, dove, vincolato alla sua mentalità, non comprendeva i segni della risurrezione. Era tuttavia presente nel gruppo in cui Gesù conferì la missione e il dono dello Spirito (20,19-23).

Si nomina Tommaso, l’ultimo nominato (20,28) che era passato dall’incredulità all’adesione incondizionata a Gesù.

Il terzo discepolo nominato è Natanaele. Non era più apparso nel vangelo dalla scena della sua chiamata (1,45-51). In quell’episodio, si vedeva Natanaele come figura dell’Israele fedele alle promesse, che attendeva il Messia.

Appaiono poi i figli di Zebedeo (Giacomo e Giovanni) e due discepoli anonimi.

Il numero di sette è rappresentativo. Non si fa nessuna allusione ai Dodici, numero che denotava la comunità in quanto erede delle promesse fatte a Israele. Ora invece è rappresentata da un altro numero, quello della totalità delle nazioni. La comunità di Gesù è aperta a tutti gli uomini.

v. 3a 

Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare» Gli dissero: «Veniamo anche noi con te».

«Io vado a pescare»: il verbo utilizzato da Simon Pietro è quello usato anche da Gesù per descrivere la missione: «vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (15,16). Nulla ci fa pensare che il ritorno alla vecchia attività sia da considerarsi una specie di diserzione; anzi molti studiosi vi vedono l'obbedienza dei discepoli ad un ordine di Gesù (cf. Mt 26,32; 28,7; Mc 14,28; 16,7).

«Veniamo anche noi con te»: L’iniziativa di Pietro trascina gli altri.

v. 3b 

Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

«Quella notte»: Questa menzione della notte è da collegare con quanto aveva detto Gesù: «Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire» (9,4). La notte significa l’assenza di Gesù. Nell’attività dei discepoli di notte mancano la sua presenza e la sua azione. Lo sforzo dei discepoli lasciati a se stessi è vano.

v. 4

Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù.

L’arrivo del mattino coincide con la presenza di Gesù che è luce del mondo, la sua presenza è il giorno che consente di lavorare realizzando le opere del Padre.

Il modo di presentarsi di Gesù è differente dalle situazioni precedenti. Nella comunità riunita dentro casa, si descriveva come un arrivo. In questo caso invece Gesù non arriva, semplicemente si rende presente sulla riva. La presenza di Gesù sulla spiaggia, accompagna nella missione. I discepoli non hanno potuto vederlo prima a causa della notte che essi stessi avevano creato. 

Gesù è sulla spiaggia, il limite tra terra e mare. Quest’ultimo rappresenta «il mondo» in cui si esercita la missione, ma il punto di riferimento è sempre la terra ferma, dove sta Gesù e dove essi vivono. Nella vita della comunità c’è un ritmo: si esce e si torna portando il pesce. Gesù non li accompagna nella pesca, rimane a terra: la sua azione nel mondo si esercita attraverso i discepoli. Ma, concentrati nel loro inutile sforzo, non riconoscono Gesù quando si presenta. La comunità si è chiusa in se stessa, e il lavoro, senza essere uniti a Gesù, non rende.

v. 5

Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 

Gesù domanda se hanno qualcosa da mangiare. Il nutrimento di Gesù consisteva nel portare a termine il disegno del Padre, nel dare compimento alla sua opera nell’uomo («Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.» 4,34). Questo è l’alimento che chiede ai discepoli.

v. 6

Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci.

Gesù invita a gettare la rete dalla parte destra: la destra nell'antichità era il lato più favorevole. 

  1. Ez 47,1-2 l'acqua dal tempio (ricorda il sangue + acqua che esce dal costato del Signore, Gv 19,34);
  2. a destra sono posti «i benedetti dal Padre» che operarono la carità, Mt 25,33;
  3. alla destra del Padre regna Cristo risorto, Mc 16,19;
  4. è la destra del Signore che opera meraviglie potenti, Es 15,6a e Sal 97,1.

Mancando ai discepoli l’intuizione dello Spirito, non avevano trovato il lato giusto.

v. 7a

Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!»

Ancora una volta il discepolo che Gesù amava intuisce per primo (Gv 20,8). Questo discepolo che fu testimone della vita che sgorga da Gesù sulla croce (19,35) riconosce il frutto della vita.

Soltanto colui che ha esperienza dell’amore di Gesù sa leggere i segni.

v. 7b

Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare.

Impulsivo come sempre Pietro è impaziente di incontrare per primo il Signore e si getta a nuoto. In realtà anche qui vi è una simbologia più profonda. Pietro non aveva capito la causa della fecondità della pesca, ma udendo ciò che gli dice l’altro discepolo comprende. Per indicare il cambiamento di atteggiamento di Pietro, si usa qui un linguaggio simbolico denso.

Vi è un gioco vestito-nudità. La nudità di Pietro indica la mancanza della veste propria del discepolo. L’espressione chiave è: si strinse la veste attorno ai fianchi. Questo gesto è stato usato soltanto nell’Ultima Cena, quando Gesù si cinse il panno che fungeva da asciugamano alla vita, che significava il suo servizio fino alla morte (13,4.5). Pietro era nudo perché non aveva assunto l’atteggiamento di Gesù per questa missione.

v. 8

Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

Il resto del gruppo non imita il gesto di Pietro, non ha bisogno del cambiamento radicale di atteggiamento. Non avevano preso loro l’iniziativa di lavorare di notte

«Non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri»: non erano lontani «dalla terra». Questo luogo designa il luogo proprio della comunità, dove essa vive con Gesù.

v. 9

Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.

Sulla terra, non vedono per prima cosa Gesù, ma il fuoco e il cibo che egli ha preparato, espressione del suo amore per loro. Gesù continua ad essere l’amico che si pone a servizio dei suoi. L’eucaristia, segno della sua accoglienza è il dono di Gesù ai suoi amici, che corona la missione compiuta.

v. 10

Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso ora».

Pur disponendo dell'occorrente per il pasto Gesù s’informa del pesce che hanno preso, destinato ad essere cotto al fuoco e mangiato. Il cibo che Gesù ha preparato è differente da quello che hanno ottenuto seguendo le sue indicazioni. Quest’ultimo è frutto del loro lavoro; quello che trovano preparato è gratuito. Gesù domanda il nostro apporto, che si unirà a quello che lui offre.

Nell’eucaristia, oltre al dono di Gesù ai suoi, deve essere presente il dono degli uni agli altri. La comunità vive dell’amore di Gesù, ma anche della missione, dell’amore dell’uomo. Questo amore è anch’esso dono dello Spirito, ma esige una collaborazione attiva da parte di tutti.

v. 11

Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò.

«Allora Simon Pietro salì nella barca»: nel testo originale non c’è «nella barca». Il verbo ἀνέβη (anebe) non significa salire nella barca (21,3: ἐνέβησαν, enebesan), ma salire, uscire dall’acqua in cui si era gettato. Il gesto di gettarsi nell’acqua e di uscirne (unito al tema del vestito) si colloca nella linea del battesimo, come simbolo di cambiamento di vita. Pietro ha voluto seppellire il passato per cominciare di nuovo; questo gli permette di trarre la rete a terra.

«centocinquantatré grossi pesci»: La cifra 153 ha certamente un simbolismo (a noi purtroppo oscuro), i Padri della Chiesa hanno fatto una quantità enorme di supposizioni. L'interpretazione più diffusa e forse plausibile sembra essere quella di S. Girolamo: i naturalisti dell'antichità conoscevano 153 specie di pesce, il che equivale a dire «ogni sorta di pesci».

v. 12 

Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore.

Gesù invita tutti all’eucaristia, a partecipare al suo alimento; è lui a offrire il banchetto. Alla fine del lavoro non si presenta come signore che chiede conto ai suoi servi, ma come amico che condivide con essi e li invita a mangiare ciò che egli stesso ha preparato.

L’invito di Gesù fa sì che i discepoli riconoscano la sua presenza. Nella missione lo avevano riconosciuto dal frutto, ora dal dono.

v. 13 

Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce.

 Questo versetto è il punto culminante della pericope. Si noti l’espressione ἔρχεται ὁ Ἰησοῦς (erchetai ho Iēsous), giunse / venne Gesù, come nelle due manifestazioni precedenti:

  • La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!» (20,19);
  • Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!» (20,26).

La presenza di Gesù nella comunità è una venuta continua, che si percepisce nell’eucaristia.

Questa scena appare chiaramente con quella della spartizione dei pani e dei pesci (6,11): si tratta dello stesso alimento, pane e pesce, e si descrivono le stesse azioni di Gesù; prendere il pane, spartirlo, e fare lo stesso con il pesce.

v. 14

Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

Tre apparizioni = pienezza. La terza volta è quella definitiva, quella che durerà per sempre.

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