I vangeli sono racconti, non solo della "storia" di Gesù ma anche di quello che quella "storia" ha provocato nel cuore degli evangelisti e delle Chiese alle quali si rivolgevano. Quella "storia" cosa provoca nel nostro cuore?
Per distinguere e comprendere meglio le emozioni, un buon metodo è quello di raccontare di nuovo il Vangelo mettendoci all'interno della scena descritta, magari assumendo la soggettiva di chi in quella scena si è trovato realmente.
Siamo andati a riprendere la narrazione che aveva scritto qualche anno fa Chiara Iozzi per la bella esperienza che è stata SoulFood. Si tratta della narrazione del Vangelo della guarigione di Bartimeo, ascoltando quello che potrebbe essere il racconto di quell'uomo che è stato cieco ma per la sua fede ottenne di ritornare a vedere.

Ci pensate mai a noi ciechi?

Chiara Iozzi

Ascoltare è l’unico mezzo che ho a disposizione per avere consapevolezza del tempo e dello spazio in cui mi trovo. Ci pensate mai voi a noi ciechi, costretti a tramutare la tavolozza dei colori della realtà di ogni giorno in un articolato susseguirsi di suoni che si accavallano, sovrastano e scontrano? Stando seduto tutto il giorno appoggiato sul muro granuloso di un’abitazione, passo il tempo a immaginare le storie che le persone che sento correre davanti a me portano sulle loro spalle. Ascolto le loro parole, gemiti, percepisco le loro fatiche, riconosco i loro sforzi fisici grazie ai respiri che si fanno più affannosi e presto attenzione al ritmo dei loro passi: leggeri e veloci di bambini, ritmati dei cavalli, metallici delle guardie e decisi degli uomini. Stendo le mie mani per mendicare: mani rivolte a tutti ma da nessuno mai considerate, e intanto cerco di godermi quei brevi momenti di piacere concessi dal buon profumo del concerto di spezie che si diffonde a tratti per le vie. Ciò che Gerico non mi fa mai mancare è la sabbia che ormai riveste tutta la mia pelle. Ormai comincio ad apprezzarla, questa sabbia, perché la sento come una maschera con cui posso proteggermi dagli insulti e sputi da cui sono continuamente inondato. La sabbia è l’unica dalla mia parte. L’unica che crea un contatto con me. E quasi mi dispiace distaccarmi da lei quando mio padre Timeo pulisce il mio viso con un panno inumidito in quelle poche volte che, di nascosto e di fretta, viene a controllare la mia condizione quando ormai è notte e tutto tace.
Ho passato in queste condizioni gran parte della mia vita, tanto che ormai io rappresento la mia malattia: sono cieco, e non più Bartimeo. Non nascondo che questa cosa mi infastidisce: da tempo non sono considerato come una persona ma come un individuo di cui liberarsi perché porta solo problemi e arreca disturbo. Ma come avrei potuto cambiare la mia situazione? Chi avrebbe mai prestato ascolto a un mendicante svestito e sporco che urla in mezzo a vie affollate?
Tuttavia un giorno ebbi il coraggio di gridare: il giorno in cui Gesù il Nazareno, di cui avevo sentito parlare nei chiacchiericci della gente, passò lungo la strada su cui giacevo. “Ha fatto udire i sordi e parlare i muti”, dicevano. Io volevo cambiare la mia vita, e per questo volevo incontrare Gesù. Sentivo che un gruppo di persone acclamate dalla gente si stava avvicinando verso la mia direzione, e a quel punto ho deciso di gridare con tutte le mie poche forze: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! “. E subito la folla che mi circondava mi percuoteva e rimproverava affinché tacessi: per loro non meritavo l’attenzione di Gesù il Messia. Ma non mi importava! Io credevo a quella forse mia ultima opportunità di cambiare la mia vita, e per nulla al mondo me la sarei fatta scappare! E più quel gruppo acclamato si avvicinava, più sentivo le mie forze risvegliarsi e confidare nella possibilità di essere ascoltato almeno per una volta, e gridai ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. D’improvviso la confusione intorno a me si acquietò. Avvertii una presenza intensa poco distante da me che ordinò alle persone intorno: “Chiamatelo!”, e subito degli uomini mi si avvicinarono e mi dissero: “Coraggio! Alzati, ti chiama!”. Sono forse le parole più belle che mi siano mai state rivolte, perché erano dirette a me, Bartimeo, per cui riempito di grande gioia, gettai via il mio mantello e mi diressi rapido verso la calda voce che mi aveva chiamato.
Quando lo raggiunsi a testa bassa, Egli mi disse: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Può sembrare strano, ma questa domanda mi ha colto un po' di sorpresa. Era possibile che il Figlio di Davide non avesse notato la mia condizione chiedendomi cosa io volessi? Doveva essere scontato che ciò che volevo più di ogni altra cosa era tornare a vedere. Ma forse non lo era per Gesù. Si era rivolto a me come se mi apprezzasse e amasse già, eppure mi ha presentato questa domanda. Poi ho capito che la mia richiesta non era affatto scontata, perché avrei potuto decidere di rimanere nella mia condizione che, seppur triste, era comoda. Una comodità che l’inizio una nuova vita non mi avrebbe mai offerto, perché cominciare qualcosa da zero presuppone fatica, insicurezza e impegno. In quella domanda di Gesù traspariva una scelta che Egli mi proponeva di fare con la mia libertà. Con quella domanda Gesù mi ricordava che ero libero e che sempre lo sarei stato. E io questa libertà la volevo con tutto me stesso perché finalmente sarei uscito dalla prigione della strada che mi costringeva a mendicare per sopravvivere. Si, si, voglio guarire! “Rabbunì, che io veda di nuovo!”. E il Figlio di Davide mi disse: “Va', la tua fede ti ha salvato”.
Queste furono le ultime parole che ascoltai da mendicante cieco, perché subito la bellezza del mondo creato dal mio Dio si mostrò ai miei occhi e la luce della città inebriò il mio corpo di una nuova Forza. Davanti a me c’era Gesù, dal volto umano e divino, che si voltò per proseguire il Suo cammino. In quello sguardo incrociato di Gesù però c’era un’altra domanda implicita: Bartimeo, vuoi seguirmi? Avevo appena riacquisito la mia libertà, mi sentivo per la prima volta vivo e completo, e avrei dovuto approfittarne per vedere il mondo che finalmente si era mostrato ai miei occhi. Ma nella mia vita solo Gesù mi ha donato questa libertà, solo Gesù mi ha chiamato, solo Gesù mi ha fatto sentire amato per quello che ero, cieco, sporco, seminudo, ferito. Sentivo che il dono appena ricevuto doveva essere condiviso per portare libertà anche ad altre persone prigioniere delle loro sofferenze.
Solo seguendo Gesù avrei continuato a vedere veramente la mia vita con consapevolezza.

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